alice romagnoli
Università degli Studi di Macerata, Italia
a.romagnoli12@unimc.it
L’alienazione hegeliana: un concetto plurale
Hegelian Alienation: A Plural Concept
RESUMO: In Hegel “alienazione” si dice con tre diversi termini che esprimono una molteplicità di significati. Tale concetto si dimostra centrale sin dagli scritti giovanili. Questo contributo intende ripercorrere il cammino del concetto di alienazione nel pensiero hegeliano per recuperarne la profondità e la pluralità. Il passaggio attraverso il pensiero hegeliano risulta ancora oggi fondamentale per cogliere l’estensione della categoria di alienazione.
Il ritorno a Hegel ci permette dunque di riguadagnare quella ricchezza del concetto che gli autori della teoria critica contemporanea stanno cercando di ricostruire nel loro tentativo di recuperare l’alienazione come categoria diagnostica del nostro presente.
Parole chiave: Hegel; Alienazione; Teoria Critica; Plurivocità.
Studia Hegeliana, vol. XI (2025), pp. 109-126. ISSN: 2444-0809 ISSN-e: 2792-176X
Sociedad Española de Estudios sobre Hegel
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ABSTRACT: In Hegel, ‘alienation’ is expressed by three different terms that convey a variety of meanings. This concept proves central from his early writings onwards. This contribution aims to retrace the path of the concept of alienation in Hegel’s thought in order to recover its depth and plurality. The passage through Hegel’s thought is still fundamental today for grasping the extent of the category of alienation.
The return to Hegel therefore allows us to regain the richness of the concept that contemporary critical theorists are trying to reconstruct in their attempt to recover alienation as a diagnostic category of our present.
Keywords: Hegel; Alienation; Critical Theory; Plurivocality.
Recibido: 28/02/2025
Aprobado: 13/05/2025
DOI: 10.24310/stheg.11.2025.21372
I. Introduzione
Hegel non è il primo filosofo ad aver messo a tema il concetto di alienazione1 né in lui è presente una vera e propria teoria dell’alienazione come la troviamo, invece, in Marx. Eppure un ritorno al pensiero hegeliano appare ancora oggi fondamentale per comprendere la categoria di Entfremdung e coglierne l’estensione.
Quest’ultima è riapparsa, negli ultimi anni, al centro di confronti, dibattiti e testi grazie soprattutto al lavoro di Rahel Jaeggi2 la quale ha tentato un vero e proprio recupero della nozione di alienazione e ha mostrato la validità critica e analitica che tale concetto, opportunamente ripensato, può ancora mantenere. Anche il sociologo Hartmut Rosa ha ripreso questa categoria3 associandola a quei fenomeni di accelerazione che viviamo nel nostro tempo e che sono la causa di una pluralità di patologie. In Francia il concetto è stato invece ripreso da autori come Franck Fischbach4 e Stéphane Haber5 nell’ambito di una filosofia sociale alla ricerca di strumenti analitico-critici in grado di compiere una diagnosi della contemporaneità e del negativo che la abita.
Quello di Entfremdung non è dunque un concetto che è morto con gli anni ‘70 del secolo scorso.6 Esso tenta oggi di essere rigenerato da una teoria critica che nel suo ritorno a Francoforte,7 per dirla con Giorgio Fazio, opera anche un certo ritorno a Hegel8 e, in modo particolare, alla critica immanente della sinistra hegeliana, “proprium della teoria critica di matrice francofortese”.9 Questo modello di critica è stato re-introdotto da Axel Honneth nel dibattito filosofico contemporaneo ed è stato fatto proprio da molti autori e autrici della quarta generazione della teoria critica. Ciò che si può evidenziare è dunque il tentativo di ritornare, di volgersi indietro per recuperare quei modelli e quei concetti necessari per fare luce sul presente.
Queste pagine, che tentano di ripercorrere il viaggio dell’alienazione all’interno del pensiero hegeliano, si collocano in questa stessa direzione. Tornare a Hegel appare infatti fondamentale per riguadagnare quella ricchezza del concetto che gli autori della teoria critica contemporanea stanno cercando di ricostruire.
L’alienazione, intesa nelle sue molteplici declinazioni e nei suoi significati plurali, sta al centro del pensiero hegeliano sin dai primi scritti giovanili. Essa è sia chiave di lettura e giudizio sulla società, sia molla del divenire dialettico. Ripartire da Hegel è dunque un passaggio centrale per riaccendere quella vivacità concettuale necessaria al concetto di alienazione per non soccombere alla complessità dell’epoca contemporanea e per risignificarsi, così da tornare a essere uno strumento imprescindibile nella comprensione della realtà.
II. Un concetto plurale
L’alienazione è in Hegel un concetto plurale. Plurali sono infatti i termini usati per designare il concetto, plurali sono i significati e plurali sono le fonti da cui Hegel attinge. Per quanto riguarda la molteplicità di termini, Entfremdung, Entäußerung e il più raro Veräußerung sono i tre modi in cui l’alienazione si dice nei testi hegeliani. Come sottolineato nell’analisi compiuta da Marcella D’Abbiero,10 sarebbe un errore pretendere di tradurre questi vocaboli in maniera univoca in quanto Hegel li utilizza in molteplici contesti di natura differente, per rinviare a nodi problematici molto diversi. Non vi è pertanto un uso tecnico dei termini, nel senso che essi non designano situazioni determinate e ben distinte tra loro. Entfremdung, Entäußerung e Veräußerung si riferiscono ad azioni o condizioni differenti ma la traduzione e il significato a cui rimandano possono modificarsi se li si legge, ad esempio, all’interno delle pagine degli scritti teologici giovanili o in quelle della Fenomenologia.
Tentando di tracciare delle linee generali di orientamento in questa molteplicità di termini, si può rilevare che Entfremdung ha sempre un significato negativo e viene utilizzato per descrivere dinamiche di estraneità e scissione, mentre Entäußerung e Veräußerung richiamano una semantica della rinuncia e possono pertanto avere significato negativo o positivo.11 Questa doppia valenza dell’alienazione, che può quindi avere per Hegel valore positivo o negativo, poggia proprio sulla molteplicità di significati attribuiti al concetto. La varietà di situazioni a cui Entäußerung si riferisce può aiutarci a comprendere meglio questo aspetto. Esso designa infatti nozioni molto diverse tra le quali le più frequenti sono
trasferimento di proprietà (spesso sostituito in questo particolare uso da Veräusserung), trasferimento di beni inalienabili della persona (chiamati da Hegel unveräusserlich, appunto in base al principio che non debbono essere trasferiti), da cui deriva una situazione di «schiavitù» (Entäusserung ha in questo caso un significato del tutto negativo), abbandono, da parte dell’individuo, della particolarità del suo volere o della sua chiusa interiorità, in una «apertura» verso il mondo ed una adesione universale, anche nell’ambito del rapporto individuo-stato (in questo caso in senso positivo), «esteriorizzarsi» dello spirito della natura o nella coscienza sensibile […].12
A seconda del contesto è dunque possibile tradurre Entäußerung in maniera differente ma anche giudicarlo positivamente o negativamente senza per questo entrare in contraddizione.
Questa molteplicità di termini e di significati utilizzati da Hegel ci restituisce le tracce di quella pluralità di fonti da cui egli attinge per sviluppare il concetto di alienazione. Individuare con esattezza tutte le tradizioni in cui il concetto hegeliano si inserisce è sicuramente difficile e l’impossibilità di attribuire ai vocaboli utilizzati da Hegel un significato univoco rende questo procedimento ancor meno realizzabile. Nonostante ciò, è importante sottolineare almeno tre rimandi: innanzitutto, nel considerare l’alienazione come Entäußerung inteso nel senso di trasferimento di proprietà, scambio, cessione, Hegel si rifà alla tradizione giuridica; tutta la semantica della rottura e della frattura a cui Entfremdung si riferisce è invece da collocare nella tradizione religiosa, nel riferimento alla rottura con Dio prodotta dal male, in particolare nella teologia calvinista e nel rimando alla separazione da Dio causata dal peccato originale; infine, l’accezione di Entäußerung come rinuncia da parte del singolo in favore della collettività e della volontà generale va collocata in continuità con il concetto di alienazione così come esso emerge dal Du contrat social13 di Rousseau.
L’interpretazione che Rousseau fornisce14 dell’alienazione ci interessa anche per un altro aspetto che abbiamo già intravisto essere presente in Hegel: la doppia valenza che il fenomeno di alienazione può assumere all’interno dei diversi contesti in cui viene riscontrato. Prima che in Hegel, infatti, è all’interno dei testi di Rousseau che l’alienazione viene fatta emergere sotto una doppia luce. Essa assume un significato preminentemente negativo quando diviene indice di un rapporto caratterizzato dalla dipendenza e dal dominio. Ciò può essere riscontrato, secondo il filosofo francese, quando gli uomini fuoriescono dallo stato di natura ed entrano in relazione con gli altri, diventando schiavi delle opinioni altrui e delle apparenze.15 In questo senso, secondo Rousseau l’uomo sociale perde l’indipendenza che lo caratterizzava nello stato di natura in quanto «Il selvaggio vive in sé stesso; l’uomo sociale, sempre fuori di sé, non sa vivere che nella opinione degli altri e per così dire solo dal loro giudizio trae il sentimento della sua propria esistenza».16 Diverso è invece il giudizio che possiamo dare all’alienazione qualora significhi il cedere volontariamente qualcosa per il proprio bene o per ottenere un guadagno. Ciò è quanto accade nel contratto sociale rousseauiano in cui ciascuno cede i propri diritti alla collettività la quale ha come scopo quello di tutelare questi diritti. In questo caso, dunque, il risultato dell’alienazione dei propri diritti non è una perdita di libertà ma, al contrario, un rafforzamento di essa attraverso l’istituzione di una forma associativa volta a difendere sia gli individui che ne fanno parte, sia i loro beni. La relazione con gli altri, che in un primo momento viene esperita come eteronomia e deformazione del proprio sé originario, diviene dunque, attraverso il contratto sociale, luogo di vera autonomia. In questo passaggio la doppia valenza dell’alienazione diviene evidente: da un lato Rousseau sviluppa l’idea di un’alienazione vissuta come separazione dal proprio sé e perdita di autonomia, dall’altro, invece, egli introduce la possibilità di un’alienazione intesa positivamente in quanto capacità dell’uomo di dar vita a una società che lo tuteli nella sua libertà.17
Allo stesso modo che in Rousseau, anche all’interno dei testi hegeliani il concetto di alienazione e i suoi molteplici significati non possono essere giudicati in maniera univoca come qualcosa di deleterio. In modo particolare, quando l’alienazione è esteriorizzazione che non decade a scissione, essa rappresenta un movimento addirittura necessario. Un esempio in tal direzione è rappresentato dal concetto hegeliano di eticità (Sittlichkeit) in cui la dimensione del soggetto individuale e quella sociale si fondono senza dare luogo ad alcuna frattura alienante. Nell’idea hegeliana di eticità, infatti, ogni individuo fuoriesce da sé stesso e avverte nei confronti della propria comunità un insieme di doveri etici in quanto si riconosce come parte di tale comunità e, allo stesso tempo, riconosce in essa il luogo della propria libertà e realizzazione. Non vi è, pertanto, una divisione tra morale privata ed etica pubblica, né tra volere del cittadino e volere dello Stato in quanto le due dimensioni risultano intrinsecamente legate; la vita sociale è il vero compimento della singola esistenza.
La Sittlichkeit hegeliana poggia quindi su una visione della società che è totalmente diversa da come la intendiamo oggi e che si rifà per alcuni aspetti al modello della pólis greca. Questo concetto di società, come sottolinea Charles Taylor, «eleva il centro di gravità, per così dire, dall’individuo alla comunità, la quale diventa il luogo della soggettività vivente, che gli individui, come momenti, punteggiano. La comunità è lo spirito che è un mondo, un’incarnazione più compiuta, più sostanziale di quella che l’individuo in quanto soggettività singola rappresenta».18 Tra la società e gli individui che la compongono c’è, cioè, lo stesso rapporto che intercorre tra una totalità vivente e le sue singole parti. In quest’ottica, dunque, l’esteriorizzazione dell’individuo nella comunità non rappresenta in alcun modo un processo di perdita del proprio sé o di scissione ma, al contrario, viene concepita da Hegel come movimento necessario a ciascun soggetto per riconoscersi parte della totalità e realizzarsi compiutamente in essa. Allo stesso modo, l’insieme di doveri etici che ciascun cittadino avverte nei confronti della propria comunità non va letto nell’ottica di un’eteronomia che assoggetta gli individui e ne scalfisce l’indipendenza; l’eticità è anzi la massima realizzazione della propria moralità, è il luogo in cui il dovere trova il suo contenuto vero, e la soggettività può adempierlo.19
L’esempio del concetto di Sittlichkeit ci aiuta quindi a comprendere che non sempre il divenire altro da sé è per Hegel sintomo di alienazione nell’accezione in cui si intende oggi nel senso comune, cioè come scissione, dissociazione deleteria. Questo aspetto risulta ancor più evidente se ci si sofferma sulle pagine della Phänomenologie des Geistes in cui l’esteriorizzazione e l’estraneazione sono il motore necessario al movimento dialettico dello Spirito, quindi allo sviluppo della vita. L’alienazione, qui intesa come oggettivazione, è ciò che permette al Geist hegeliano di svolgersi, quindi, di formarsi giungendo a gradi sempre più elevati di autocoscienza. Lo Spirito non è in quiete (Ruhe) poiché risulta continuamente impegnato in un movimento progressivo in cui fuoriesce da sé stesso per poi riconoscersi in questo esser-altro. In ciò consiste il processo di formazione (Bildung) necessario allo Spirito vivente che non vuole rimanere vuoto:20 nel farsi altro da sé, incontrare l’opposizione per poi negarla come tale e ricomprenderla in sé stesso. Solo andando oltre la sua immediatezza il Geist giunge alla sua piena realizzazione e autocoscienza poiché l’Assoluto, scrive Hegel, è essenzialmente un risultato (Resultat) che arriva alla fine di questo divenire-se-stesso:
Das Wahre ist das Ganze. Das Ganze aber ist nur das durch seine Entwicklung sich vollendende Wesen. Es ist von dem Absoluten zu sagen, daß es wesentlich Resultat, daß es erst am Ende das ist, was es in Wahrheit ist; und hierin eben besteht seine Natur, Wirkliches, Subject, oder sich selbst Werden, zu sein.21
Intesa in questo modo come molla del movimento dialettico, l’alienazione assume un valore positivo e un ruolo fondamentale all’interno dell’idealismo hegeliano. Essa consiste, si potrebbe dire, in una doppia negazione: in un primo momento lo Spirito nega la sua immediatezza esteriorizzandosi in un’alterità che gli si oppone; in questa situazione di dualità, lo Spirito nega l’assoluta alterità di ciò che gli si oppone scoprendo all’interno di essa, sé stesso. Come sintetizza chiaramente Hyppolite nella sua analisi «L’Io trova sé stesso nell’essere e quindi, in questa alterità (corsivo mio), resta presso di sé».22
Questo processo di oggettivazione, necessario al Geist hegeliano, non va però pensato come un movimento fluido e privo di pericoli. Hegel lo descrive al contrario come un vero e proprio travaglio in cui ogni trasformazione reca con sé il peso della disgregazione. L’alienazione necessaria allo Spirito è infatti esteriorizzazione ma anche estraneazione la quale può fissarsi in una scissione che comporterebbe l’interruzione del processo di autocoscienza brevemente descritto. Detto altrimenti, nella Fenomenologia l’identità che sopraggiunge attraverso l’Aufhebung non è qualcosa di scontato ma è piuttosto un «continuo problema da risolvere».23
III. L’alienazione come Entfremdung
Attraverso il concetto di Sittlichkeit e il movimento dialettico necessario allo Spirito abbiamo visto in che modo l’alienazione e la costellazione di concetti a essa connessi possono assumere all’interno del pensiero hegeliano un significato positivo che non siamo abituati a scorgere. Quando si parla di alienazione, infatti, si intende generalmente una condizione negativa o una vera e propria malattia, che dovrebbe essere modificata, curata o almeno denunciata.
La perdita del proprio sé e la frammentazione a cui il Geist è continuamente esposto nel suo cammino di autocoscienza ci avvicinano a questo modo di intendere l’alienazione in maniera prettamente negativa. Lo spazio di un possibile fallimento che si apre nei vari passaggi della Fenomenologia è generato dal fatto che, a ogni passo del cammino, inizialmente, lo Spirito non si riconosce nell’altro che egli stesso pone. Se ciò si cristallizzasse, l’alterità non verrebbe più ricompresa ma darebbe vita a una molteplicità24 la quale è caos, entropia che impedisce la riconciliazione (Versöhnung). Quest’ultima, dunque, sta alla fine del percorso come una condizione conquistata attraverso il continuo superamento di un negativo che è reale. Se si guarda alle singole figure della Fenomenologia ci si rende conto che ciò di fronte cui la vita dello Spirito si trova di volta in volta è una lacerazione profonda in cui può essere concretamente percepito il rischio di perdersi. Hegel descrive infatti il passaggio attraverso il negativo nei termini di morte, disfacimento, devastazione. Ecco il punto importante che ci interessa: lo Spirito attraversa la disgregazione, non la contempla ma la affronta e trova sé stesso in tale divisione assoluta (absoluten Zerrissenheit). Lo Spirito, scrive Hegel, è potenza solo quando non distoglie lo sguardo dal negativo ma si sofferma su di esso.25
La possibilità di giungere a una riconciliazione dipende dunque da un processo di riconoscimento reciproco che non è mai immediato, ma che anzi sembra rivelare a ogni passo la sua intrinseca fragilità. È in questo spazio di incertezza che si colloca l’alienazione come Entäußerung-Entfremdung, come oggettivazione che conduce alla separazione in un essere estraneo. Guardando al risultato della Fenomenologia non si riuscirebbe infatti a cogliere la possibilità di un’alienazione realmente estraniante in quanto il compimento è l’autocoscienza dello Spirito giunto alla completa unità. È piuttosto nello sviluppo della vita che si incontra la scissione e la lacerazione più profonda perché la vita è necessariamente, per Hegel, pluralità. «Denn nur über dem Todte schwebt die Einheit».26
Il problema di una mancata riconciliazione si pone quando questa pluralità diviene molteplicità. Ciò accade se l’operazione di astrarre da sé, propria e necessaria alla vita, diviene astrazione cioè potenza che spezza ciò che è unito.27 In questo modo, quella che nell’unità vivente è solamente una parte, un momento, si concepisce invece come un tutto isolato e a sé stante, un’alterità permanente che come tale diviene dunque estranea. Quando ciò avviene, il movimento dialettico si interrompe e al posto della riconciliazione (Versöhnung) si ha la vittoria della scissione (Entzweiung).
In questo modo, ciò che abbiamo visto essere hegelianamente positivo, l’oggettivazione e il divenire altro da sé, si rovescia nel negativo dell’astrazione, della scissione, quindi del dominio in quanto l’astrazione comporta che ciò che si astrae si ipostatizza e si pone in una certa posizione di superiorità. Così concepita, l’alienazione differisce completamente dal concetto di alienazione-oggettivazione visto fin qui e viene percepita dallo stesso Hegel come un elemento problematico che fuoriesce dal cammino dialettico tracciato dalla Fenomenologia, e appare caratterizzare più aspetti della storia e dell’esistenza umana. L’Entfremdung, infatti, non intralcia solamente l’armonia28 dello Spirito, ma anche quella dell’uomo.
Compiendo un passo indietro rispetto alla Fenomenologia ci si accorge che la scissione e l’estraneazione rappresentano due dei temi più importanti negli scritti giovanili di Hegel.29 Qui l’alienazione emerge come una problematica che intacca diverse sfere dell’esistenza: l’uomo è scisso dalle sue istituzioni e dalla comunità in cui vive, ma fonte di scissione sono anche la religione e la dimensione economico-lavorativa.
Negli studi compiuti dal giovane Hegel30 è possibile rintracciare le prime formulazioni del concetto di alienazione la quale, pur non essendo ancora messa direttamente a tema dal pensiero hegeliano, emerge nella fine del modello della pólis greca e nel conseguente passaggio allo Stato moderno. La società greca, hegelianamente idealizzata, è il luogo in cui ciascuno si percepisce prima come cittadino che come uomo isolato, in cui ognuno vive in maniera intersoggettiva e si riconosce nelle istituzioni politiche. In questo contesto la volontà del singolo corrisponde a quella dello stato, per questo motivo quella dei greci può essere una felice libertà: “Dies ist die schöne glückliche Freiheit der Griechen, die sosehr beneidet worden [ist] und wird. Das Volk ist zugleich aufgelöst in Bürger, und es ist zugleich das e i n e Individuum, die Regierung.Es steht nur in Wechselwirkung mit sich. Derselbe Wille ist der Einzelne und derselbe das Allgemeine.”31 Quella dei greci rappresenta perciò la forma di vita più bella e più ricca per l’uomo poiché non vi è alcuna frattura tra le leggi, gli interessi della società e i singoli individui che la compongono. Usando un linguaggio che abbiamo già incontrato nella Fenomenologia, all’interno della pólis ciascun individuo si riconosce nello Stato a cui appartiene e non lo vede come una forza estranea intenta solamente a curare i propri interessi.
La città-stato greca è cioè il luogo di quella Sittlichkeit32 che è esteriorizzazione necessaria alla piena realizzazione dell’individuo. La fine di questo modello rappresenta per Hegel il momento storico in cui l’alienazione, intesa nel senso che stiamo qui esaminando, diviene una dimensione propria dell’esistenza. Con il passaggio dalla pólis greca alla romanità prima, e con l’avvento dell’utilitarismo settecentesco poi, l’idea di comunità di uomini rappresentata dalla pólis greca viene infatti completamente cancellata. Lo Stato con le sue leggi e la sua politica divengono qualcosa di estraneo per l’individuo che ormai considera sé stesso come un privato. Ciascuno è un singolo e il rapporto che intrattiene con lo Stato, di cui raramente si sente parte, diviene quello di mezzo-fine; in una condizione di atomismo sociale, lo stato serve solamente a soddisfare i fini particolari degli individui ed è sulla base di ciò che viene giudicato più o meno buono.
In questo passaggio è ravvisabile l’alienazione che caratterizza l’uomo e il rapporto con le istituzioni, con le leggi, con la dimensione etica, in generale, con lo Stato in cui vive. Essi sono qui percepiti come qualcosa di esterno ed estraneo; sono l’altro che non mi riguarda a cui sono, mio malgrado, sottoposto. Questa situazione, ben diversa dal mondo greco come l’abbiamo delineato, è caratterizzata da una forte scissione a causa della quale ciò che è unito, l’uomo-cittadino con la comunità in cui vive e realizza sé stesso, risulta diviso, disgregato, e si fissa in questa separazione sino a non percepire più l’originario legame. In ciò è possibile vedere in atto la potenza dell’astrazione la quale fissa l’uomo in un individuo isolato e lo Stato in una forza estranea, rivelandosi fonte di profonda alienazione.
Il divenire altro da sé della pólis nella romanità e nello Stato moderno non rappresenta perciò in alcun modo un suo inveramento, ma è piuttosto la manifestazione dell’alienazione come Entfremdung. Quest’ultima è rintracciabile anche nella sfera religiosa la quale sta al centro dell’interesse dei primi scritti hegeliani. Ancora una volta, Hegel prende come riferimento positivo la società greca all’interno della quale la religione, vicina all’idea hegeliana di Volksreligion,33 rappresenta un tessuto connettivo che unisce gli uomini e contribuisce a quell’idea di vita felice realizzata nella comunità di cui si è parte. Così intesa, la religione è una convergenza viva di tutta la persona, non scissa, nella vita religiosa del popolo. A questa idea di religione soggettiva si contrappone invece quella oggettiva o positiva la quale ha in sé il carattere della scissione in quanto si basa su tradizioni, leggi, riti obbligatori che risultano estranei e imposti come doveri. Nella religione positiva il libero convergere di ciascun individuo verso la vita religiosa della propria comunità è sostituito dall’eteronomia di un comandamento coercitivo.
Nella tematica della positività così formulata possiamo quindi evidenziare un primo nucleo tematico dell’alienazione la quale, va ricordato, non compare ancora direttamente nell’analisi hegeliana ma è comunque rintracciabile nella pluralità di aspetti che stiamo qui prendendo in esame. In modo particolare essa emerge nel modo in cui Hegel concepisce la religione ebraica e in maniera evidente nella figura di Abramo. La sua descrizione si apre infatti così: “Abraham in Chaldäa gebohren verließ mit seinem Vater und seiner Familiesein Vaterland , und wohnte eine Zeitlang in den Ebenen Mesopotamiens ; auchaus diesen zog er fort , und hielt sich ohne einen festen Wohnplaz zu haben , gewöhnlichin Kanaan auf […]”.34 Il primo atto che caratterizza Abramo è dunque quello di una separazione35 e di una scissione, azioni che vanno nella direzione opposta di quell’amore che, in questi scritti giovanili, rappresenta la prima traccia della Versöhnung conquistata oltre la disgregazione.36 Abramo si separa dalla sua famiglia, dalla sua terra e addirittura dalla vita, arrivando quasi a uccidere suo figlio. Per questo motivo, il popolo che discende da lui è condannato a essere infelice in quanto intrinsecamente caratterizzato dalla lacerazione.
La figura di Abramo rappresenta nelle parole hegeliane l’incarnazione di quell’opposizione che si fissa in maniera ostile nella sua alterità. È interessante notare come Hegel associ alla condizione di scissione permanente, quindi di opposizione, una necessaria tendenza al dominio. In una condizione di assoluta opposizione ed estraneità, infatti, alle relazioni dettate dalla condivisione, dal senso di una comune appartenenza, si sostituisce la volontà di dominare sull’altro che diventa un nemico e un Fremde. Per questo motivo Abramo, il quale è “ein Fremdling auf Erden”37 si mantiene sempre da solo e in opposizione verso tutto (er stand für sich allein)38 poiché ciò che è ostile può entrare solo in una relazione di dominio.
Spostandoci infine dalla dimensione religiosa, un altro esempio di Entfremdung così intesa è rintracciato dal giovane Hegel nell’ambiente lavorativo ed economico a lui contemporaneo. Questo ambito di analisi ci permette di aggiungere un ulteriore tassello a quel mosaico di significati e tematiche propri del concetto hegeliano di alienazione. Due aspetti risultato particolarmente significativi: in primo luogo, l’interesse per la figura dell’operaio il cui lavoro meccanico non corrisponde a quel processo di Bildung che è esteriorizzazione e compimento del proprio sé, ma diviene luogo di una profonda scissione. In secondo luogo, l’analisi del denaro visto come incarnazione stessa dell’estraneazione. Il lavoro è generalmente inteso da Hegel come un processo di esteriorizzazione positiva e necessaria nel senso che abbiamo precedentemente esaminato. La dimensione alienante del lavoro, che corrisponde all’oggettivazione ed è ineliminabile, è infatti volta alla realizzazione dell’uomo (Menschwerdung). Hegel però, anticipando su questo aspetto l’analisi marxiana, comprende che il lavoro può divenire anche luogo di astrazione ed estraneazione. Ciò accade con l’intensificarsi del lavoro meccanico e ripetitivo a causa del quale il lavoratore viene ridotto al suo puro movimento, alla sua azione fisica e, di conseguenza, l’operaio così impiegato finisce col coincidere con la sua astratta attività. Ma l’astrazione è rintracciata da Hegel anche in un altro aspetto. La divisione sociale del lavoro determina infatti una separazione tra il prodotto del proprio lavoro e il bisogno per cui si lavora, cioè, attraverso il proprio lavoro si produce qualcosa che non serve direttamente a soddisfare i propri bisogni. In questo contesto il denaro diviene la rappresentazione unificata degli oggetti del bisogno: “Aber dies Geld, das die Bedeutung aller Bedürfnisse hat, ist selbst nur ein unmittelbares Ding”.39 Il denaro è ciò a cui il bisogno, astraendo dal suo oggetto, tende. Di conseguenza, i bisogni non sono rivolti a cose immediatamente godibili ma, estraniati, hanno il loro significato nel denaro.
L’analisi del denaro compiuta da Hegel in questa direzione ci interessa in modo particolare per un aspetto: anche qui a una condizione di astrazione ed estraniazione corrisponde una situazione di irrigidimento e dominio. In questo caso il dominio è del denaro la cui mentalità viene incarnata dalla figura del mercante descritto da Hegel nei termini di rigidità (Härte), di scissione (Entäußerung) e astrazione (Abstraktion), il quale è disposto a distruggere tutto, persino la sua famiglia, pur di portare avanti i suoi affari :
Die Gesinnung [des Kaufmanns] ist diese Härte des Geistes, worin der Besondere, ganz entäußert, nicht mehr gilt, [nur] striktes Recht. Der Wechsel muß honoriert werden, es mag zugrunde gehen, was will, Familie, Wohlstand, Leben usf., gänzliche Unbarmherzigkeit. Fabriken, Manufakturen gründen gerade auf das Elend einer Klasse ihr Bestehen. Der Geist ist sich also in seiner Abstraktion Gegenstand geworden als das selbstlose Innre.40
La parentesi sull’analisi economico-lavorativa ci permette di concludere la nostra analisi del concetto hegeliano di alienazione. Il negativo vissuto dal Geist, la frattura dell’uomo moderno con lo Stato e le istituzioni, la figura di Abramo che incarna una religione la quale è fonte di scissione, e infine la condizione dell’uomo di inizio Ottocento dominato dal denaro e caratterizzato da un lavoro che non gli appartiene più ci permettono di mettere in luce e di vedere riassunti gli aspetti che caratterizzano l’alienazione come Entfremdung il cui carattere predominante è quello dell’estraneità. Quest’ultima si manifesta in ogni situazione in cui vince la potenza dell’astrazione e si generano scissione o disgregazione, quando cioè la lacerazione si sostituisce all’armonia e rende impossibile ogni riconciliazione. Se la vita nella pólis era quella più ricca e libera, al contrario, un’esistenza plasmata dall’alienazione risulta necessariamente caratterizzata dall’infelicità e dal dominio. Hegel però non si rassegna mai a questa condizione la cui permanenza, che riguardi gli uomini o lo Spirito, rappresenta in tutte le sue opere un problema da risolvere. Per questo centrale nella Fenomenologia è il movimento dell’Aufhebung che non cancella la lacerazione ma la ricomprende e permette di giungere a una piena riconciliazione, e centrale negli scritti giovanili è il sentimento dell’amore che può essere letto come un primo tentativo di delineare il superamento dell’alienazione. Al contrario di quest’ultima che spezza i legami e rende estranei, l’amore è inteso come quel rapporto intersoggettivo in cui ognuno ama l’altro proprio perché riconosce in esso un vivente quale egli stesso è.
IV. Conclusioni
In conclusione, per orientarci all’interno della costellazione che la plurivocità del concetto di alienazione traccia, è utile compiere una sintesi semantica di quanto è stato detto.
In Hegel l’alienazione è oggettivazione intesa nel senso di una esteriorizzazione ed estrinsecazione che permettono il divenire altro, quindi, conducono alla piena realizzazione. All’interno di questa accezione positiva possono rientrare anche i casi in cui l’alienazione indica una rinuncia o una cessione di stampo rousseauiano grazie alla quale si invera la propria libertà. Ma l’alienazione hegeliana è anche, senza che ciò ci conduca a una contraddizione, profonda estraneazione che si manifesta nei fenomeni storici e nella vita dello Spirito. L’Entäußerung-Entfremdung produce fratture e scissioni che possono sedimentarsi in una condizione di vera e propria disgregazione che ostacola o rende impossibile ogni armonia e riconciliazione. L’alienazione così caratterizzata è foriera di rapporti di dominio e impedisce ogni forma di riconoscimento.
La categoria di alienazione in Hegel appare dunque densa di significati e concettualmente ricca di contenuti. Sin dai termini utilizzati, il pensiero hegeliano traccia un concetto plurale in grado di restituire la complessità del reale e delle sue molteplici dinamiche. Per questo motivo il ritorno a Hegel rappresenta un passaggio fondamentale per chiunque intenda riprendere oggi il concetto di alienazione. Ciò che avviene dopo Hegel, con Marx e il pensiero marxista, è un restringimento di campo che riprende il concetto di alienazione nel suo solo significato di Entfremdung, gli attribuisce un valore strettamente negativo e lo indaga all’interno dei rapporti di produzione capitalista. L’alienazione diviene sia la condizione dell’operaio sfruttato ed eroso dal sistema capitalista, sia quella del capo, del capitalista stesso, anch’egli profondamente deformato nella sua umanità dal sistema economico.
Il concetto di Entfremdung così ripensato ha costituito uno degli strumenti di analisi più importanti per la prima teoria critica e rappresenta ancora oggi un riferimento concettuale imprescindibile. Tuttavia da solo esso non basta. In un sistema economico fortemente mutato, dinanzi a un mercato del lavoro profondamente diverso da quello di fine ‘800, ma anche da quello di fine ‘900, il concetto di alienazione si trova di fronte a un bivio: o ammette la sua obsolescenza, o tenta di recuperare una polivocità e una ricchezza concettuale che gli permettano di analizzare il nostro tempo. In questa seconda via la declinazione hegeliana di alienazione diviene uno dei riferimenti - sicuramente non l’unico - verso cui volgersi nuovamente. Attraverso di essa siamo infatti in grado di restituire una certa elasticità non soltanto al concetto di alienazione, ma anche al suo apposto, riuscendo dunque a riconsiderare criticamente anche la categoria di emancipazione. Da questo punto di vista il lavoro di Rahel Jaeggi ha ampiamente mostrato come un ritorno a Hegel e alla concezione di un sé processuale ci permetta di compiere quel passaggio fondamentale dal “che cosa” al “come” che allontana la disalienazione dall’essere un mero ritorno a un idealizzato sé originario. Tale passaggio riabilita anche una certa positività dell’estraneità poiché l’autodeterminazione del sé passa necessariamente attraverso il confronto con il negativo e con l’estraneo. In tale visione la libertà e i processi di disalienzione non si traducono nel rimando a un sé preventivo o a percorsi già tracciati, ma hanno piuttosto a che fare con la capacità di portare avanti quell’incessante processo di appropriazione e di identificazione attraverso il quale il sé diventa sé stesso. Ciò ci permette di riguadagnare uno strumento critico in grado di smascherare le dinamiche potenzialmente alienanti che possono nascondersi o apparirci addirittura emancipative nell’odierno sistema neocapitalista che si dimostra perfettamente in grado di assorbire e riplasmare a suo piacimento quasi ogni aspetto della nostra esistenza.
L’altro elemento che vorrei brevemente richiamare riguarda il ruolo che il concetto hegeliano di alienazione ricopre nel permetterci di rischiarare due elementi fondamentali della modernità: il lavoro e l’autenticità. Con Hegel siamo in grado di recuperare uno scenario plurale in cui il lavoro, almeno potenzialmente, non coincide soltanto con un’oggettivazione negativa o con uno sfruttamento bestiale. La ricchezza del pensiero hegeliano lascia lo spazio a un lavoro concepito come Bildung dell’umano, come attività - nell’eco dell’Action arendtiana - in cui entriamo in relazione con ciò che è altro, con un noi che non è ancora e che diviene nella mediazione lavorativa. Tra una glorificazione reazionaria che vede il lavoro come fonte di dignità a prescindere dalle sue condizioni e, all’opposto, una demonizzazione che giudica qualsiasi lavoro come patologico, la riflessione condotta con Hegel può esserci d’aiuto nel delineare oggi l’orizzonte di una terza strada in grado di mantenere uno sguardo critico sul potenziale di liberazione e di autorealizzazione del lavoro.
Infine, la polivocità hegeliana del concetto di alienazione può esserci d’aiuto anche nel ripensare il mantra contemporaneo dell’autenticità. Il pensiero di Hegel ci permette infatti di ripristinare la relazione tra l’ideale di autenticità - ampiamente discusso da Taylor - e la dialettica. Come si è detto più volte, l’alienazione nella sua accezione positiva è sinonimo di oggettivazione intesa come un passaggio ineludibile nel raggiungimento della propria realizzazione. Ciò implica che l’autenticità non è in opposizione a ciò che proviene da fuori del sé, anzi, presuppone ciò che le è esterno altrimenti rimarrebbe vuota. Essere autentici non significa, dunque, essere identici a sé stessi, autoriferirsi, ma piuttosto fare i conti con la propria storicità, porsi in relazione con l’alterità, le proprie opere e persino i propri fallimenti.
Bibliografia
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Altri testi
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Parinetto, L. Teorie dell’alienazione. Hegel, Feuerbach, Marx. Milano: Shake Edizioni, 2012.
Rosa, H. Alienation and acceleration: Towards a Critical Theory of Late-Modern Temporality. Mälmo: NSU Press, 2010.
Rousseau, J.J. Du contrat social, in J.J. Rousseau, Oeuvres complètes. Vol. III. Paris: Gallimard, 1995.
Rousseau, J.J. “Discorso sulla disuguaglianza”, in J.J, Rousseau, Discorsi e Contratto sociale. Bologna: Cappelli, 1955.
Taylor, C. Hegel e la società moderna. Traduzione di Andrea La Porta. Bologna: Il Mulino, 1984.
[1] Il concetto di alienazione, è presente all’interno del pensiero di Rousseau dal quale Hegel riprende diversi aspetti. Andando ancora più indietro, esso può essere ricondotto alla predicazione di Giovanni Calvino il quale utilizza la categoria di alienazione per indicare la frattura con Dio causata dal peccato originale. Dunque la posizione di Eric Fromm per il quale: «The thinker who coined the concept of alienation was Hegel» non è del tutto esatta, ma queste pagine di Fromm ci aiutano subito a comprendere quanto l’alienazione sia centrale nel pensiero hegeliano in quanto: «To him (Hegel) the history of man was at the same time the history of man’s alienation [Entfremdung]». Fromm, E. Marx’s Concept of Man. New York: Frederick Ungar Publishing, 1961, p. 47.
[2] Jaeggi, R. Entfremdung. Zur Aktualität eines sozialphilosophischen Problems. Frankfurt: Campus Verlag GmbH, 2005.
[3] Rosa, H. Alienation and acceleration: Towards a Critical Theory of Late-Modern Temporality. Mälmo: NSU Press, 2010.
[4] Fischbach, F. Sans objet. Capitalisme, subjectivité, aliénation. Paris: J. Vrin, 2012.
[5] Haber, S. Penser le néocapitalisme. Vie, capital et aliénation. Paris: Les Prairies Ordinaires, 2013.
[6] Enrico Donaggio mette in luce come il concetto di alienazione abbia fatto una «brutta fine» dopo aver attraversato un periodo glorioso e di grande utilizzo fino agli anni ’70. Donaggio, E. “Una brutta fine. Breve storia del concetto di alienazione” in La società degli individui 2018, 62. p. 21.
[7] Fazio, G. Ritorno a Francoforte. Le avventure della nuova teoria critica. Roma: Castelvecchi, 2020.
[8] In modo particolare il pensiero di Rahel Jaeggi riprende da più parti la filosofia hegeliana. Si pensi, come esempio in tal direzione, al breve saggio Pathologies of Work in cui Jaeggi propone una rilettura di alcuni aspetti della Filosofia del diritto di Hegel per ridefinire le patologie sociali del lavoro contemporaneo come il risultato di un ostacolo o un impedimento alla possibilità di ciascuno di partecipare attivamente alle «risorse universali» della società. Jaeggi, R. “Pathologies of Work”, in Women’s Studies Quarterly 2017, 3/4, pp. 59-76.
[9] Fazio, Ritorno a Francoforte, p. 309.
[10] D’Abbiero, M. “Alienazione» in Hegel. Usi e significati di Entäußerung, Entfremdung, Veräußerung. Roma: Edizioni dell’Ateneo, 1970.
[11] Ad esempio Entäußerung assume un valore positivo quando indica la capacità di superare l’opposizione e di riconoscersi «(come specifica la Fenomenologia) nell’altro a sé uguale». Ivi, p. 26.
[12] Ivi, pp. 27-28.
[13] Rousseau, J.J. Du contrat social, in J.J. Rousseau, Oeuvres complètes. Vol. III. Paris: Gallimard, 1995.
[14] All’interno dei suoi testi Rousseau non usa il termine alienazione per riferirsi ai fenomeni che descrive. Nonostante egli non ne parli direttamente, però, all’interno del suo pensiero è possibile rintracciare molte delle caratteristiche del concetto di alienazione. Egli è pertanto considerato a tutti gli effetti un precursore della teoria dell’alienazione.
[15] Nel saggio Patologie del sociale, Axel Honneth mette in luce questo aspetto dell’alienazione elaborato da Rousseau. Allargando la sua analisi ad altri testi, egli individua nel filosofo francese colui che ha prodotto l’idea filosofica dell’estraniazione (Entfremdung) «se non come concetto, almeno come cosa». A. “Pathologien des Sozialen. Tradition und Aktualität der Sozialphilosophie”, in Honneth, A. Pathologien des Sozialen. Die Aufgabe der Sozialphilosophie. Frankfurt: Fischer, 1994, pp. 9-69 (Traduzione italiana Honneth, A. “Patologie del sociale. Tradizione e attualità della filosofia sociale” in Iride. Filosofia e discussione pubblica, 1996,18. pp. 295-328).
[16] Rousseau, J.J. “Discorso sulla disuguaglianza”, in J.J, Rousseau, Discorsi e Contratto sociale. Bologna: Cappelli, 1955, p. 118.
[17] A tal proposito Rahel Jaeggi sottolinea: «L’efficacia storica di Rousseau è con ciò duplice: Rousseau, e soprattutto il “roussovianesimo”, costituisce per un verso il movimento, sempre ricorrente, della critica dell’alienazione in quanto critica di una separazione dall’”universale” - colto a partire dall’ideale di una natura non falsificata o di un’autarchia originaria- in cui la socialità e le istituzioni sociali sono ritenute di per sé alienanti. Da un altro punto di vista Rousseau diviene l’ispiratore non solo dell’idea kantiana di autonomia, ma anche della concezione hegeliana del “carattere sociale della libertà”». Jaeggi, Alienazione, p. 42.
[18] Taylor, C. Hegel e la società moderna. Traduzione di Andrea La Porta. Bologna: Il Mulino, 1984. p. 124.
[19] Ivi, p. 122.
[20] Come sottolinea Franck Fischbach, senza l’alienazione il Sé della Fenomenologia sarebbe vuoto, senza alcuna sostanza, senza contenuto poiché “Non sapendo ciò che non è, non può sapere ciò che è, o chi è. Sono l’alienazione, il diventare estraneo a sé stesso, e la negazione di sé stesso che permettono al Sé di conquistare il proprio contenuto e quindi la propria identità: solo il Sé che si è alienato è sostanziale, ricco di contenuto”. Fischbach, F. “Trasformations du concept d’aliénation. Hegel, Feuerbach, Marx” in Revue germanique internationale 2008, 8. p. 97 (traduzione mia).
https://journals.openedition.org/rgi/377
[21] GW9, 19.
[22] Hyppolite, J. Genesi Fenomenologia dello Spirito di Hegel. Firenze: La Nuova Italia, 1972. p. 220.
[23] Ivi, p. 725.
[24] Nello scritto Differenz des Fichte’schen und Schelling’schen Systems der Philosophie Hegel chiarisce che l’origine della molteplicità è da rintracciare nell’intelletto il quale opera mediante scissioni. Al contrario, invece, la ragione ha come scopo quello di togliere queste opposizioni che l’intelletto ha posto. Occorre qui specificare che la ragione non intende annullare le opposizioni per ridurre tutto a una sterile unità; compito della ragione è piuttosto quello di togliere le opposizioni che sono state consolidate, cioè, di opporsi all’atto che fissa la scissione e la rende assoluta. L’oggetto di critica hegeliano non è dunque la varietà, la quale è anzi necessaria alla vita, ma la molteplicità intesa come risultato di una scissione consolidatasi come assoluta. Se si affermasse la molteplicità così intesa, infatti, ogni sforzo di unificazione diverrebbe vano e risulterebbe impossibile tornare all’armonia. GW4, 1-92.
[25] “Diese Macht ist er nicht, als das Positive, welches von dem Negativen wegsieht, wie wenn wir von etwas sagen, diß ist nichts oder falsch, und nun, damit fertig, davon weg zu irgend etwas anderem übergehen; sondern er ist diese Macht nur, indem er dem Negativen ins Angesicht schaut, bey ihm verweilt”. GW9, 27.
[26] GW2, 43.
[27] Sulla centralità dell’astrazione si veda Mancini, R. La fragilità dello Spirito. Leggere Hegel per comprendere il mondo globale. Milano: Franco Angeli, 2019. Mancini tenta una riattualizzazione del pensiero hegeliano considerato valido strumento di analisi e critica della società contemporanea. In quest’ottica, particolare attenzione è rivolta al fenomeno dell’astrazione il quale, sostiene Mancini, emerge dai testi hegeliani come causa della scissione e dell’estraniazione che rendono impossibile la riconciliazione. L’astrazione è processo che, spezzando e isolando, assolutizza la divisione che, a sua volta, è condizione del dominio. Interpretato in questo modo, il concetto hegeliano di astrazione sembrerebbe essere l’antecedente di quello di alienazione così come viene inteso da Marx in poi.
[28] In Differenz des Fichte’schen und Schelling’schen Systems der Philosophie Hegel afferma che tanto più diviene forte la potenza della scissione, tanto più insignificanti sono gli sforzi (Bestrebungen) della vita per tornare all’armonia (Harmonie). GW4, 14.
[29] Nella traduzione italiana il riferimento qui è a Hegel, G. W. F. Scritti teologici giovanili. Traduzione e note di Edoardo Mirri e Vaccaro Nicola. Napoli: Guida, 1977; Lo spirito del cristianesimo e il suo destino. Traduzione e note di Edoardo Mirri. Firenze: L. U. Japadre Editore, 1970; Primi scritti critici, Traduzione e note di Remo Bodei. Milano: Mursia, 1971.
[30] L’emergere di questa prima formulazione del concetto di alienazione si colloca all’interno degli studi compiuti da Hegel attorno alla società borghese a lui contemporanea. Come mette in luce Luciano Parinetto: «Gli interessi del giovane Hegel erano infatti orientati alla riflessione sulla condizione della società borghese del suo tempo, infelice perché scissa. In questa prospettiva vanno visti l’analisi compiuta negli scritti giovanili e il confronto critico della “felice” civiltà greca della pólis con gli Stati moderni “infelici”, e quindi l’istanza di un ritorno dialettico a un modulo sociale tipo quello della pólis, ossia non scisso». Parinetto, L. Teorie dell’alienazione. Hegel, Feuerbach, Marx. Milano: Shake Edizioni, 2012, p. 17.
[31] Hegel, G.W.F. Jenaer Realphilosophie. II. Leipzig: J. Hoffmeister, 1931, pp. 249-250.
[32] “Es ist das Reich der Sittlichkeit: jeder ist Sitte , unmittelbar eins mit dem Allgemeinen”. Ibidem.
[33] Su cui Hegel riflette nei suoi primissimi scritti. In modo particolare in Studien I792 /93 -I794 Hegel si chiede ed elenca quali dovrebbero essere le caratteristiche della religione popolare. GW1, 103.
[34] GW2, 29
[35] “[…] der erste Akt ,wodurch er sich unabhängig , als StammVatereines Volkes machte, war eine Trennung”. GW2, 32.
[36] L’amore rappresenta in questa fase del pensiero hegeliano la forza unificatrice che vince le divisioni. All’interno di questo concetto è possibile rintracciare una forte corrispondenza con quanto abbiamo detto della riconciliazione.
[37] GW2, 29.
[38] Ibidem.
[39] Hegel, Jenaer Realphilosophie, p. 257.
[40] Ibidem.