RIASSUNTO
Giovanni Malalas (490-570 ca.) offre nella Cronografia, un compendio di storia universale, un brano meritevole di essere analizzato con attenzione, perché enuclea la corrispondenza astrale tra i giochi da tavolo e i movimenti dei pianeti sul presupposto della simpatia cosmica. Queste analogie sono enunciate nel ritratto di Palamede, un eroe del ciclo troiano, reputato tradizionalmente il primus inventor di strumenti lusori quali dadi e pedine e delle corrispondenti tipologie ludiche. La fama dell’intelligenza di Palamede è ancora vitale nel periodo bizantino, come mostrano le menzioni antonomastiche di Anna Comnena, Eutimio Zigabeno, Giovanni Tzetzes. Il racconto di Malalas si rivela oltremodo interessante perché non si limita a ricordare il ruolo di geniale inventore dell’eroe, ma evidenzia altresì l’analogia tra i corpi celesti da un lato e il tavolo da gioco, le pedine e la torre usata per gettare i dadi dall’altro. Questa metafora astrologica non è una novità dello storico di origine siriache dell’età giustinianea, la filosofia post-aristotelica (Diodoro Crono, Clearco di Soli) ha, infatti, elaborato tale nozione, come conferma una citazione del libro di Svetonio Sui giochi dei Greci preservata dal dotto universale del XII secolo Eustazio di Tessalonica nei suoi commentari omerici. Una tradizione di lunga data è, quindi, attiva nella teoria della rispondenza astrale tra micro e macrocosmo nell’Antichità e nel Medioevo greco.
PAROLE CHIAVI: giochi da tavolo, astrologia, simpatia cosmica, zodiaco.
Abstract
A passage of John Malalas’ (around 490-570) Chronography , a compendium of universal history, is noteworthy of being further analysed. The historian develops the correspondence between board-games and planetary movements on the grounds of cosmic sympathy. He establishes this set of astrologic ideas, when he accounts the myth of Palamedes. This hero of Trojan cycle was traditionally reputed as inventor of ludic tools such as pawns, dice and corresponding plays. Palamedes was also the clever hero par excellence in Byzantine times, as Anna Komnena, Eutimius Zigabenus, John Tzetzes show. Malalas’ narrative is very interesting. He does not recall only the role played by Palamedes as primus inventor, but he also stresses the analogy between heavenly bodies on one side and chessboard, pawns, and the ‘tower’ used to throw the dice on the either. This metaphor is nothing new, Malalas did not find it in Justinian’s times. On the contrary, post-Aristotelian philosophy (Diodorus Kronus, Clearchus of Soloi) already came up with this notion, as we may infer from a quoting of Suetonius’ book On the games of Greeks. This work is lost, but 12th-century scholar Eustathius of Thessaloniki preserved Suetonius’ fragments concerning the astral correspondence of board-games in his Homeric commentaries. A long-dating tradition was, thus, active in astral theory of Ancient and Medieval times.
KEY-WORDS: board-games, astrology, cosmic sympatheia, zodiac.
Nella Chronographia, un compendio di storia universale in diciotto libri, Giovanni Malalas (Ἰωάννης Μαλάλας, Antiochia 490 – Costantinopoli 570 ca.) conferma la tradizione di Palamede, un eroe del ciclo troiano, quale πρῶτος εὑρετής degli strumenti lusori (dadi, pedine) e di varie pratiche ludiche ad essi associati 1. In un paragrafo del V libro (§ 9) si rimarca la corrispondenza tra il tavoliere e i giochi da tavolo da un lato, lo zodiaco e i pianeti dall’altro. La sua descrizione s’intende alla luce dei presupposti astrologici ascrivibili alla teoria della simpatia cosmica fondata sull’analogia tra il microcosmo e il macrocosmo e l’intima consonanza di tutte le parti dell’universo, comprese le membra del corpo umano od oggetti d’uso comune 2.
A proposito dell’omologia fondata su questa perfetta rispondenza stabilita in un universo armonico si evince un parallelo da fonti filosofiche della prima età ellenistica, nelle quali è elaborata la medesima metafora astrologica, che assegna i giochi da tavolo ai corpi celesti. Tale speculazione si recupera, infatti, dalla citazione di Diodoro Crono e Clearco di Soli tramandata da Eustazio di Tessalonica, il dotto universale del XII secolo, il quale attinge al libro sui giochi del grammatico e antiquario romano Svetonio. In tale ambito, Giovanni Malalas si conferma un testimone cruciale della prima età bizantina al crocevia tra nozioni dell’occultismo antico e medievale.
Proveniente da Antiochia sull’Oronte già capitale dei Seleucidi, Malalas dedica alla città un’attenzione peculiare, rimarcando i racconti ecistici connessi a saghe argive e il ruolo d’importante metropoli e sede patriarcale in età imperiale 3. Il risultato è l’elaborazione di una singolare commistione tra le memorie mitiche del passato e la topografia del paesaggio urbano nell’attualità 4. Malgrado la complessità dell’ambiente antiocheno dal punto di vista filosofico-teologico, l’autore non mostra particolari interessi in tali ambiti, anzi sembra estraneo al rovente dibattito tra calcedoniani e monofisiti che determina l’alienazione definitiva della Siria dall’ecumene bizantina 5. Il suo profilo pare quello di un cristiano ligio alle direttive statali, trasferitosi nella Capitale sotto Giustiniano tra il 530 e il 540 6. Pur non manifestando particolari nostalgie per il politeismo, né velleità di restaurazione ‘pagana’, serba memoria delle componenti più vitali delle religioni tradizionali come i culti orfici e i misteri dionisiaci 7.
Il soprannome rivelatore delle sue origini siriache (ܡܰܠܴܠܳܐ, malālā, “loquace”, “facondo”, “abile a parlare”) deriva dalla radice ܠ-ܠ-ܡ, mll, afferente al linguaggio, al discorso e, in genere, alla capacità oratoria, un talento facilmente spendibile nella carriera di avvocato nell’amministrazione imperiale o di predicatore nella gerarchia ecclesiastica 8. Il conterraneo Evagrio Scolastico (Epifania, Celesiria 532/537 – post 600) gli attribuisce espressamente la qualifica di “retore” 9. A prescindere dall’eventuale collocazione nella gerarchia burocratica in una posizione di vertice o di secondo piano 10, non è accertabile, tuttavia, il livello di formazione culturale da lui acquisito, dal momento che alcuni membri dell’élite di tale periodo sono illetterati 11. Contrariamente alle aspettative per un πεπαιδευμένος, è significativo che Malalas si distingue per un registro linguistico demotizzante contrassegnato da soluzioni morfosintattiche e lessicali precorritrici del neogreco, come mostra l’analisi del passaggio sui giochi da tavolo 12. Oltre all’abbondanza di forme vernacolari, l’autore si esprime in uno stile disadorno, alieno dagli effetti retorici cari agli storici contemporanei dalla solida educazione classica come Procopio di Cesarea 13.
La Χρονογραφία di Malalas rappresenta uno snodo decisivo per la tradizione della storia universale bizantina ed esercita notevole influenza sugli autori posteriori 14. Malgrado il titolo correntemente in uso, non è una cronaca impostata con criterio annalistico, bensì un breviario di storia universale 15, nel quale sono compendiati gli eventi dalla fondazione del mondo fino all’età contemporanea 16. Un interesse precipuo si riscontra, quindi, come fonte per gli ultimi imperatori, al cui regno è dedicato un singolo libro 17. Nondimeno, tale compilazione storiografica è un repositorio di molteplici tradizioni, notizie, informazioni coordinate da un interesse dinamico per la mitologia classica congiunto alla conoscenza approfondita della letteratura testamentaria, cristiana ed apologetica 18. Estese coincidenze si registrano, infatti, tra la Cronografia e testi agiografici come le Passiones di S. Caterina e S. Lucia, a riprova della discendenza da fonti comuni approntate dagli apologeti del II secolo 19.
Nella struttura della storia universale di Malalas i libri I-IX trattano gli avvenimenti da Adamo fino alla venuta di Cristo: il libro V è interamente dedicato agli eventi e postumi della guerra di Troia con una coerenza interna stringente, svolgendo un’importante funzione di raccordo nel racconto degli archetipi del mondo 20.
Nella rassegna dei comandanti achei è tratteggiato un breve profilo, in cui sono enumerati i tratti fisici e morali e i fatti salienti del loro mitologema 21. Tale galleria di ritratti si conforma al modello dell’ekphrasis fisiognomica offerto dalle descrizioni degli eroi greci e troiani nell’Eroico di Filostrato, in Ditti Cretese e Darete Frigio, in cui si osserva parimenti la combinazione di caratteristiche fisiche e morali 22. La carica eversiva del mito classico è neutralizzata dal ricorso collaudato all’interpretazione allegorica, come si evince nel ritratto di Tiresia in merito alla storia esiodea del duplice cambio di sesso 23. La strategia razionalizzante consente l’appropriazione del materiale mitico negli orizzonti culturali del Cristianesimo e la conciliazione ideologica con la nuova Fede 24, come si evince dalla saga di Edipo 25.
La narrazione dell’antichità nella Cronografia di Giovanni Malalas diventa, quindi, essenzialmente una storia culturale costellata di invenzioni e nomi dei responsabili delle scoperte decisive quali la scrittura, il calendario e altre acquisizioni basilari della civiltà 26, che recarono innumerevoli benefici al consorzio sociale e alla vita comunitaria 27. A tal proposito, conviene citare il medaglione dedicato a Palamede, di cui sono celebrati i meriti di πρῶτος εὑρετής dei giochi 28:
Παλαμήδης μακρός, λεπτός, λευκός, μάκροψις, εὔρινος, ἁπλόθριξ, μελάνθριξ, μικρόφθαλμος, οἰνοπαής, λαρυγγὰς ἤτοι λαβραγόρας, φρόνι|μος, εὐπαίδευτος, πολύβουλος, μεγαλόψυχος, ὃς δὴ πρῶτος τὸ ταυλίζειν ἤτοι κυβεύειν ἐξεῦρεν, ἐκ τῆς κινήσεως τῶν ἑπτὰ πλανητῶν κατὰ μοιρικὴν τύχην ἐπαγόντων τοῖς ἀνθρώποις χαρὰς καὶ λύπας ὁρίσας τὴν τάβλαν τὸν γήϊνον κόσμον, τοὺς δὲ δυοκαίδεκα κάσους τὸν ζῳδιακὸν ἀριθμόν, τὸ δὲ ψηφόβολον καὶ τὰ ἐν αὐτῷ ἑπτὰ κοκκία τὰ ἑπτὰ ἄστρα, τὸν δὲ πύργον τὸ ὕψος τοῦ οὐρανοῦ, ἐξ οὗ ἀνταποδίδοται πᾶσι καλὰ καὶ κακά.
Palamede, grande, acuto, candido, dalla lunga vista, sagace, dalla semplice capigliatura, dalla chioma corvina e gli occhi piccoli, urlatore e gran parlatore, intelligente, bene istruito, pieno di saggezza, d’animo grande, fu lui ad avere inventato per primo il gioco ai dadi e d’azzardo traendo ispirazione dal moto dei sette pianeti che arrecano gioie e dolori per gli uomini secondo un destino parziale, poiché per suo merito il tavoliere per il gioco dei dadi rappresenta il mondo terreno, le dodici caselle simboleggiano il numero dei segni dello Zodiaco, il bussolotto dei dadi e le sette pedine in esso contenute i sette pianeti, la torre il culmine del cielo, dal quale sono corrisposti a tutti cose buone e cattive.
La fama di primus inventor di Palamede è riferita alla sua intelligenza scintillante, Giovanni Malalas non è il capostipite della tradizione, bensì l’anello di congiunzione tra la riflessione antica e quella bizantina sul tema mitico. In età medievale la capacità di risolvere con scaltrezza questioni complesse rappresenta un abile stratagemma degno della furbizia di Palamede (τὸ δὲ σκέμμα σοφόν τε καὶ Παλαμήδειον), come rimarca Anna Comnena, usando tale locuzione per felicitare l’astuzia del padre Alessio I in due occasioni cruciali prima dell’avvento al trono 29. Eutimio Zigabeno paragona il Comneno a Palamede e Archimede, citando due esempi illustri della sophia ellenica 30.
In età classica e tardoantica questo personaggio del ciclo troiano assente nei poemi omerici è celebrato per i suoi notevoli meriti semiotici dai Tragici, oratori e lessicografi 31. Nell’Eroico Filostrato polemizza contro il silenzio di Omero su Palamede, riportando una tradizione divergente, secondo la quale Odisseo trama contro l’eroe rivale per motivi di gelosia, convincendo gli achei a condannarlo a morte. A sua volta Malalas si rapporta con spirito critico alla tradizione poetica, riscrivendo alcuni snodi cruciali del mito. La libertà della trattazione nella Cronografia è debitrice dell’esposizione del dialogo di Filostrato, il quale si propone di correggere le menzogne di Omero 32. Lo storico protobizantino dimostra ugualmente la sua autonomia dal modello omerico, distanziandosi in punti non secondari del racconto ed assegna notevole rilievo ad un eroe proverbiale per la sua intelligenza 33. Il ritratto di Palamede nella Cronografia è chiaramente impostato sull’ekphrasis dei tratti fisiognomici conforme allo schema dell’Eroico di Filostrato. La qualifica di parlatore impetuoso, senza freni (λαβραγόρης) tributata da Malalas ha una valenza ambivalente, nella Metafrasi dei Salmi dello ps.-Apollinare di Laodicea ha esplicitamente una connotazione negativa 34. Non si esclude, pertanto, un’eco delle critiche mosse da talune fonti a questo geniale inventore mitico 35. Subito dopo la caratterizzazione fisiognomica del personaggio la Cronografia enuncia una significativa applicazione dell’armonia cosmica: la scacchiera simboleggia l’universo nel complesso, le dodici caselle assegnate ai due sfidanti i segni zodiacali, mentre le pedine lanciate sul tavoliere raffigurano i moti planetari.
Dal punto di vista lessicale, il nomen actionis ταυλίζειν, i.e. ταβλίζειν (/ta´vlidzin/) è un verbo denominale tardo da τάβλα, prestito dal latino tabula, donde l’ipocoristico ταβλί (< ταβλίον) in greco moderno. Il lemma indica una tavola, un abaco e, in genere, la scacchiera congegnata in modo da disputare una partita con le pedine o i dadi 36. Fra le sue prime attestazioni in contesto ludico si ricorda la polemica di un non meglio noto autore antimontanista, Apollonio di Efeso, citato da Eusebio di Cesarea, nell’invettiva contro gli pseudoprofeti dediti al gioco al tavolo con i dadi 37. Ancora un monito perentorio contro la τάβλα è levato dallo storico ed epigrammista del VI secolo Agazia di Mirina (ca. 536-582), il quale denuncia l’inopinata sconfitta subita dall’imperatore Zenone, nonostante la sua perizia, a causa dei capricci della sorte 38. Nella Vita Symeonis di Leonzio di Napoli (ob. post 668) la morte imminente appare in sogno al Santo sotto il sembiante di un etiope, il quale gioca con lui al tavoliere, un’immagine onirica precorritrice della partita del cavaliere con la Morte ne Il settimo sigillo (1957) di Ingmar Bergmann 39.
Secondo Malalas la tavola da gioco offre, dunque, una rappresentazione in miniatura del cosmo. Nell’Antichità si erano sviluppate differenti analogie in concomitanza con la metafora cosmica. Nel gioco della “città” (πόλις) o “quadrato” (πλινθίον), descritto dal poeta comico dell’Archaia Cratino nelle Fuggitive, le linee tracciate sul tavoliere raffigurano le strade di una polis, cioè Atene; le caselle quadrate simboleggiano le case con un dichiarato parallelismo con lo spazio urbano; le pedine divise in due campi sono chiamate “cani” (κύνες) 40. L’analogia astrale è del resto pregnante in questa rilettura: la scacchiera denominata da Svetonio πεττευτήριον 41 è interpretata come una tavola astronomica designata Phorōr sulla base della paretimologia dall’egiziano Per-Hor, cioè la «casa di Horus» da P. Oxy. III 470 (LDAB 4293), III sec. d.C. 42:
ἐν τῷ | πεσσευτηρίῳ Φορώρ, | ἔστιν Ὥρου.
Nel mundus minor identificato dallo storico bizantino nella tabula lusoria ogni dettaglio acquista uno speciale significato e trova un’esatta rispondenza astrale. In particolare, le caselle (κάσοι) tracciate sul tavoliere da linee vergate in precedenza sono del medesimo numero dei segni zodiacali per effetto di una trasparente metafora astrologica. Per la pedina è impiegato il lemma demotico κοκκίον (i.e. κουκκίον), ipocoristico di κοῦκκος, che designa un ciottolo o un elemento singolo usato come pedina ed è la vox technica della nomenclatura ludica e della cleromanzia bizantina 43. Il lemma equivale al latino calculus e al greco classico ψῆφος che compare qui come primo formante del composto ψηφοβόλον, letteralmente “lancia-pedine”, a indicare il bussolotto, l’astuccio usato per custodire i ciottoli prima della partita e riporli al termine. Il lessicografo Polluce definisce κηθίς il vaso, in cui il giocatore agita i dadi prima della gettata; l’ipocoristico κηθίον designa il bussolotto nel gioco dei dadi in un frammento del poeta comico dell’Archaia Ermippo 44.
Il numero delle pedine indicato da Malalas è significativamente associato ai sette astri, vale a dire i cinque pianeti noti nell’Antichità e nel Medioevo con l’aggiunta dei due luminari, Sole e Luna. In merito a tale metafora planetaria si rileva una mistica aritmomantica largamente diffusa nella cultura ludica, in cui vige la regola del sette osservata comunemente per i dadi e gli astragali. La somma delle facce opposte di questi strumenti lusori dà comunque come risultato sette, a significare la totalità dell’universo evocata dal lancio 45.
Il gioco, cui allude la Cronografia, corrisponde a una tipologia molto comune di πεσσεία nell’Antichità come le “cinque linee” (πέντε γραμμαί), le “linee incrociate” (διαγραμμισμός) o semplicemente “linee” (γραμμαί), in cui vige il principio della cattura delle pedine dell’avversario similmente alla dama o agli scacchi odierni. Le fonti ci informano che le pedine da disporre sulle caselle del tavoliere assegnate ai due sfidanti erano di colore diverso: bianco e nero, con evidente riferimento ad un altro tema eminente nell’astrologia come la polarità tra giorno e notte 46, cui allude espressamente un rito d’inseguimento a squadre come l’ostrakinda 47. Inoltre, le pedine erano di solito in numero dispari 48: il giocatore non doveva spostarle dalla linea centrale detta “sacra” (ἱερά), lasciandola sguarnita, pena la sconfitta: questa era la mossa del tutto per tutto dettata dalla disperazione 49. Dalla consuetudine della pratica ludica deriva, quindi, un proverbio esemplificativo di situazioni di estrema difficoltà applicato di frequente in ambito sentimentale. Alceo in età arcaica menziona per primo questa massima 50. La valenza sacrale delle specialità ludiche con le pedine è suscettibile, quindi, di propiziare la rilettura allegorica della tavola lusoria e degli strumenti connessi, rilanciando la metafora astrale. Il collegamento vincolante con il fato è suffragato dall’uso funerario di deporre le riproduzioni fittili di alcuni tavolieri da gioco nelle necropoli attiche di età arcaica 51.
Infine, l’uso della torre per gettare i dadi (πύργος/πυργίον, lat. turris/turricula), cui accenna Malalas, è una peculiarità successiva introdotta in età romana, al fine di evitare trucchi e lanci pilotati, come sottolinea l’epigrammista latino Marziale 52. Tale oggetto a forma di torre presentava alcune lamine all’interno in modo da far passare i dadi da un percorso obbligato prima di cadere sul tavolo in modo imprevedibile. Nel corso degli scavi sono stati rinvenuti diversi esemplari, usualmente in contesto militare, come la torre in bronzo per dadi o astragali (ca. 370) proveniente da un accampamento legionario in Renania settentrionale-Vestfalia 53. Tale torre è corredata da iscrizioni di buon auspicio relative alle vittorie conseguite dall’esercito romano 54. Il meritato riposo allietato dai dadi ricorda in modo speculare l’invenzione dei giochi da parte di Palamede durante l’otium della guerra di Troia. Anche Isidoro di Siviglia collega l’invenzione dei giochi d’azzardo (alea) e della tabula a tale conflitto mitico come espediente per vincere la noia del lungo assedio, pur senza ascriverne il merito a Palamede o ad un altro eroe 55. Del resto, in età imperiale il ludus latrunculorum, letteralmente il “gioco dei mercenari”, è la specialità del gioco d’azzardo prediletta dalle legioni 56. Nella trasposizione astrologica applicata da Malalas la torre rappresenta il culmine del cielo inteso come la fonte del destino per i mortali elargito da un disegno divino preordinato.
In merito alla teoria astrologica applicata sistematicamente da Malalas ai giochi da tavolo si segnala un parallelo significativo in opere filosofiche perdute che rimontano al Protoellenismo. L’idea delle corrispondenze planetarie delle pedine usate a fini ludici è, infatti, esposta chiaramente pure da Eustazio di Tessalonica, il dotto universale del XII secolo, nei suoi scolî ai poemi omerici. Eustazio riporta l’insegnamento di Diodoro di Megara detto Crono e di Clearco di Soli, due filosofi pressoché contemporanei vissuti tra gli ultimi decenni del IV secolo a.C. e i primi del III 57:
Διοδώρου δὲ τοῦ Μεγαρικοῦ ἀνάγοντος τὸν τοιοῦτον λίθον εἰς ὁμοιότητα τῆς τῶν ἄστρων χορείας, Κλέαρχος τοῖς πέντε φησὶ πλάνησιν ἀναλογεῖν 58.
Diodoro di Megara introdusse questa pedina per similitudine con il movimento degli astri, Clearco ha stabilito l’analogia con i cinque pianeti.
Il primo pensatore nella citazione di Eustazio è Diodoro Crono associato a Megara, in quanto esponente e, per un certo periodo, direttore della locale Scuola filosofica, ma originario in realtà dalla Caria (Iaso) 59, il quale si guadagnò pure il titolo di “Dialettico” per i suoi sillogismi inerenti al principio di implicazione 60. Clearco di Soli a Cipro è un allievo di Aristotele appartenente, quindi, alla prima generazione del Peripato 61, la citazione è tratta dal dialogo, il cui eponimo è il filosofo Arcesilao di Pitane (316/5 – 244/0 a.C.), scolarca dell’Accademia platonica a partire dal 268/4 di tendenze scettiche, contrario al dogmatismo del Maestro. Clearco è versato in studi astronomici e matematici fin dalla gioventù 62, ma si è specializzato anche nella psicologia 63, ha scelto come personaggio e, pare, interlocutore del dialogo Arcesilao probabilmente come bersaglio polemico per criticare la sua concezione dei corpi celesti 64.
Verisimilmente, Eustazio non conosce di prima mano i trattati dei filosofi ellenistici, ma desume tali notizie dal Περὶ τῶν παρ’ Ἕλλησι παιδιῶν, la monografia di Svetonio, che è la sua fonte precipua per la cultura ludica classica. Dal grammatico e antiquario romano del II secolo d.C. recupera gli antecedenti filosofici utili a commentare il noto episodio del gioco con le pedine (πεσσεία) disputato dai proci di Penelope alla corte di Itaca nel canto proemiale dell’Odissea 65. Questa pratica ludica mantiene un carattere di maggiore rispettabilità rispetto ai giochi coi dadi, sui quali grava il perdurante stigma sociale, in quanto causa di sperpero dei patrimoni 66. La prospettiva allegorica impostata sull’equivalenza tra pedine e pianeti poggia ancora una volta sull’implicita equivalenza tra l’homo ludens, il quale manovra le pedine e il demiurgo universale che muove i pianeti 67. È operante la valenza dell’uomo mundus minor: il noûs individuale è un riflesso della superiore intelligenza demiurgica, che regola l’universo, ove macro e microcosmo sono unificati da una griglia stringente di corrispondenze. Una rete complessa di analogie tra il cosmo (o le sue singole parti) e la realtà ludica è istituita non soltanto per i giochi da tavolo, ma anche per pratiche comuni nell’Antichità come i giochi di pallone. La sfera d’oro, con la quale Eros si diletta negli Argonautica di Apollonio Rodio, rivela altresì una palese interpretazione cosmologica 68.
In rapporto alla “danza” degli astri, vale a dire la serie dei moti dei corpi celesti, Diodoro Crono aveva riproposto i paradossi zenoniani contro il movimento 69 ed elaborato, a quanto pare, la metafora zodiacale che Clearco di Soli ha ulteriormente sviluppato e/o rettificato in seguito, sulla base della cosmocratoria planetaria 70. Nell’altro frammento superstite dell’Arcesilao è rilevante la menzione del gioco delle “cinque linee” sopra citato con l’indicazione della “linea sacra” (ἱερὰ γραμμή) e della “pedina sacra” associata espressamente alla sfera degli dèi (ψῆφος οἷον ἱερὰ … θεῶν νομιζομένη) 71. Di fatto, la divinità è il motore dei corpi celesti nel cosmo così come delle pedine sulla tavola lusoria. In tale contesto ben s’intendono i riferimenti planetari in un’opera incentrata su temi astronomici 72.
In definitiva, è accertato che l’analogia cosmica tra i giochi da tavolo da un lato e i pianeti e i segni zodiacali dall’altro non è imputabile alla Cronografia di Giovanni Malalas o a un suo immediato predecessore, bensì è un dato acquisito nella filosofia postaristotelica, che coniuga la tradizione socratica con quella eleatica e individua nella scacchiera una rappresentazione in miniatura del macrocosmo universale. In modo significativo lo storico del VI secolo recupera tale nozione che rilancia ai suoi lettori e alle generazioni bizantine successive, svolgendo una precipua funzione di tramite tra la cultura esoterica antica e medievale. La Cronografia presenta, tuttavia, una serie ben più estesa e circostanziata di analogie zodiacali rispetto a quella enucleata da Clearco nel frammento addotto da Svetonio, in cui non si fa menzione del bussolotto né della torre, ma soltanto delle pedine come elemento di confronto con i corpi celesti. Probabilmente, nella filosofia del primo Ellenismo erano sistematizzate molteplici rispondenze cosmologiche sul modello di quanto esposto da Giovanni Malalas. Tali omologie erano confluite, ragionevolmente, nella stesura originaria del libro sui giochi di Svetonio, ma sono state semplificate drasticamente nella versione oltremodo compendiaria di questa monografia pervenutaci attraverso le citazioni frammentarie ritagliate da Eustazio probabilmente da una versione già pesantemente abbreviata. Pure il filologo del XII secolo Giovanni Tzetzes dedica ampio rilievo a Palamede sulla scorta dell’Eroico di Filostrato nel commento al I Canto dell’Iliade, soffermandosi sull’invenzione della scrittura, ma omette qualsiasi riferimento ai giochi e ad un’eventuale analogia astrologica 73. Di contro, le fonti sui giochi della prima età imperiale consultate da Svetonio erano ancora accessibili nel V-VI secolo in una forma se non completa, almeno certamente meno epitomata. Di conseguenza, Giovanni Malalas le utilizza per il suo sommario di storia universale a proposito di un eroe del ciclo troiano quale Palamede, che è legato in modo eminente all’invenzione degli strumenti intellettuali alla base della cultura ludica. Ιn tal modo, lo storico di età giustinianea ha preservato un patrimonio di nozioni desunto dall’idea della concatenazione del cosmo strutturato su una sequenza di anelli rigorosamente connessi. La formulazione del significato planetario del gioco da tavola offerta nella Cronografia è, dunque, più completa ed esaustiva rispetto alla scarna notizia pervenuta dalla filosofia protoellenistica nel commento omerico redatto da Eustazio nel XII secolo. Questo bagaglio di nozioni attinenti alla simpatia cosmica si rivela oltremodo produttivo alla luce delle successive speculazioni filosofiche, astrologiche ed alchemiche sviluppate con un elevato grado di sofisticazione intellettuale dal Medioevo greco e latino, nonché dall’Umanesimo e dalla stagione ermetica rinascimentale 74.
A. Fonti antiche
Bardy, G.,
Cunningham, I. C.,
Grenfell, B.P. & Hunt, A.S.,
Leib, B.,
Sabbah, G.,
Stamathopoulos, M.,
Taïfakos, Ι .,
Taillardat, J.,
Τhurn, J.,
Valente, S.,
Wehrly, F.,
B. Lessici
Babiniotis, G.,
Brock, S. P. & Kiraz, G.,
Dimitrakou, D.,
Lampe, G. W. H.,
Payne-Smith, R.,
C. Studi moderni
Adler, W.,
Algra, K., Barnes, J., Mansfeld, J., Schofield, M., (edd.),
Allen, P.,
Avezzù, G.,
arnes, J., Bobzien, S. & Mignucci, M.,
Barton, T.,
Beihammer, A. D.,
Bernardi, A. M.,
Bernardi, A.-M. & Caire, E.,
Borsch, J. & Gengler, O.,
Borsch, J., Gengler, O. & Meier, M.,
Bourier, H.,
Brodκa, D.,
Burgess, R.W. & Kulinowski, M.,
Caire, E.,
Cambiano, G.,
Carbone, G.,
Carolla, P.,
Carrara, L. Meier, M & Radtki-Jansen, Ch.,
Cianci, D.,
Clúa Serena, J.-A.,
Cobbett, R.,
Comentale, P.,
Costanza, S., sen.,
Costanza, S.,
Croke, B.,
Cumont, Fr.,
D’Alfonso, F.,
Delatτe, A.,
Denyer, N.,
Dorandi, T.,
Dorandi, T. & White, S.,
Döring, K.,
Drecoll, V. H.,
Falcetto, R.,
Favreau-Linder, A.-M.,
Flashar, H.,
Flusin, B.,
Geller, M. J.,
Greenfield, R. P. H.,
Gundel, W. & Gundel, H. G.,
Hartmann, N.,
Helms, P.,
Hopfner, Th.,
Horn, H. G.,
Horrocks, G.,
Hübner, W.,
Hunger, H.,
James, A.,
Jeffreys, E.,
Jeffreys, E., Croke, B. & Scott, R.,
Juhász, E.,
Kalligas, P., Balla Ch., Baziotopoulou-Valavani, E. & Karasmanis, V.,
Kanavou, N.,
Körfer, A.-L.,
Krumbacher, K.,
Kurke, L.,
Lazos, Ch. D.,
Liebeschuetz, W.,
Marasco, G.,
Mastrocinque, A. G.,
Mayhew, R.,
Mayhew, R. & Mirhady, D. C.,
Mecella, L.,
Meier, M., Radtki, Ch. & Schulz, F.,
Mendner, S.,
Menze, V.,
Merkelbach, R.,
Mestre, F.,
Nelson, F.,
Neri, C.,
Papathanassiou, M.,
Paraskevaïdis, E. S.,
Jiménez, A.,
Pernet, Ch.,
Pietras, H.,
Pirrotta, S.,
Redondo, J.,
Reinert, S. W.,
Roberto, U.,
Romero Mariscal, L. P.,
Saliou, C.,
Schädler, U.,
Schlange-Schöningen, H.,
Scott, R.,
Sedley, D.,
Sommerstein, A.,
Tabbernee, W.,
Tarrant, H.,
Thesz, J. M.,
Threadgold, W.,
Torrance, I.,
Tsitsiridis, S.
Utzinger, Ch.,
Verde, F.,
Vezzoli, S.,
Wehrly, F.,
Weierholt, K.,
Wheeler, E. L.,
Whitby, M.,
Whittaker, H.,
Witakowski, W.,
Wöhrle, G.,
1 Per la caratteristica saliente dell’eroe euboico, cfr. Clúa Serena 1985; Id. 2006; Romero Mariscal 2004; Ead. 2008; Neri 2007; Favreau-Linder 2015: 38-42; Costanza 2020a: 38-45; Id. 2020c: 384; Id. 2021b: 363, 374-378.
2 Sul controllo delle divinità astrali, planetarie, zodiacali sulle parti del corpo umano (melothesia) e parimenti sulle componenti del cosmo (piante, metalli, oggetti inanimati), cfr. Hopfner 1924: II § 629; Cumont 1935: 119-121, 129-130; Gundel-Gundel 1966: 30-33; Hübner 1977; Id. 2002; Barton 1994: 189-190; Pérez Jiménez 1996: 264-286; Id. 1998: 249-292; Id 2020: 217-230; Papathanassiou 1999: 363-366; Costanza 2020d: 387-403. Per i precedenti mesopotamici della melotesia e della simpatia cosmica, cfr. Geller 2014.
3 Per la costruzione dell’identità provinciale romana e cristiana in una città greco-siriaca di primo piano, cfr. Croke 1990: 6-9, 13; Liebeschuetz 2004: 146-152; Saliou 2016: 61-74, in part. 61-62 per l’aition del villaggio di Iopolis, sede della futura Antiochia, fondato dagli Argivi inviati da Inaco alla ricerca di Io (II 6 Thurn, 20), visitato dall’eroe Perseo (II 12 Thurn, 27-282) e da Paolo e Barnaba, Apostoli del Cristianesimo giunti nella città con la più numerosa presenza ebraica a parte Gerusalemme (X 15 Thurn, 183).
4 Sulla centralità di Antiochia, cfr. Mecella 2017: 87-88; Ead. 2019: 85-96; Caire 2019: 175-183.
5 Cfr. Croke 1990: 13-14 su Malalas disinteressato alla teologia o almeno reticente a schierarsi nettamente. Status quaestionis sulle sue presunte tendenze monofisite in Drecoll 2016: 45-46 note 1, 2, 47-54, riguardo agli elementi salienti disseminati nella narrazione della Cronografia; Allen 2017. Sul conflitto ecclesiastico e teologico tra seguaci e negatori del Concilio di Calcedonia e la separazione d’Egitto e Siria dalla Chiesa universale, visto il rifiuto delle sedi di Alessandria ed Antiochia di riconoscere il primato di Costantinopoli, cfr. Whitby 2003; Pietras 2016: 308-350; Menze 2019: 135-145.
6 Peraltro, Malalas attesta le persecuzioni di manichei e zoroastriani nei primi decenni del VI secolo, condanna Nestorio come eretico, ma non si sofferma sul Concilio di Calcedonia decisivo per la frattura tra miafisiti e difisiti e non descrive le persecuzioni degli anticalcedoniani nella sua terra di Siria, cfr. Croke 1990: 14-17, 23.
7 Cfr. Costanza 1959: 251; Reinert 1985: 7-34.
8 Tale appellativo si focalizza sull’eloquenza ugualmente utile in ambito burocratico o ecclesiastico, cfr. Krumbacher 1897: 325; Hunger 1978: 319; Croke 1990: 3-4; Thesz 2016: 29-30.
9 Evagr. Scholastic., Hist. Eccl. I 16 Sabbah 2011: ibid. 176: ὡς Ἰωάννῃ τῷ ῥήτορι ... ἱστόρηται, ΙΙ 12 ibid.: 298: ὧν τὸ κατ’ ἕκαστον περιέργως Ἰωάννῃ ἱστόρηται τῷ ῥήτορι, III 10, ibid.: 410: ὡς Ἰωάννῃ τῷ ῥήτορι γέγραπται, 28, ibid.: 458: ἱστορεῖ Ἰωάννης ῥήτωρ. L’appellativo siriaco è qui tradotto con il termine greco ῥήτωρ, che è traslitterato peraltro sotto varie forme ( ܪܗܶܛܪܳܐ, ܪܗܺܛܪܳܐ, ܪܺܝܛܪܐ), cfr. Payne-Smith 1879-1901: 2115; Brock-Kiraz 2015: 393; Witakowski 1990: 306. Su Malalas fonte di Evagrio, cfr. Sabbah 2011: 29-30.
10 Croke 1990: 9-10 immagina un posto medio-alto nell’amministrazione imperiale di Antiochia, pare negli uffici del comes Orientis, date le informazioni di notevole valore, spesso esclusive, offerte dalla Cronografia.
11 Nell’età di Giustiniano, a fianco di esponenti della paideia classica quali Giovanni Lydos, Procopio di Cesarea, si notano indotti quali lo zio e predecessore Giustino I o Giovanni il Cappadoce, prefetto del Pretorio d’Oriente, cfr. Harris 1986: 312; Thesz 2016: 39, 41: «Innerhalb der Eliten gab es nämlich offenbar eine erhebliche Stratifizierung der Bildungsvoraussetzungen».
12 In particolare, si osserva la confusione nelle preposizioni: εἰς + acc. locativo, ἐν + dat. allativo, indicante moto verso luogo esterno; l’erosione di futuro, perfetto e participio, incertezze sintattiche, cfr. Weierholt 1963; Helms 1971-72; James 1990: 227-234; Jeffreys 2003: 511; Horrocks 2010: 246-247; Thesz 2016: 30.
13 In contrasto con le tendenze classicistiche di Procopio di Cesarea, Malalas manifesta l’aderenza stilistica ai fatti narrati, usa una lingua più vicina al parlato, contrassegnata da pleonasmi e frasi ridondanti, formule ricorrenti, facilmente comprensibile da un vasto pubblico non limitato all’élite colta della capitale, cfr. Jeffreys 2003: 511; Threadgold 2007a: 235; Thesz 2016: 30-31.
14 Tra questi Giovanni di Antiochia, l’autore del Chronicon Paschale, Teofane autentico e continuato, gli excerpta Constantiniana de Insidiis, Cedreno, Niceforo Xanthopoulos Kallistos, senza considerare le traduzioni siriaca e slavoniche, cfr. Flusin 2004; Threadgold 2007b: 714; Pernet 2007: 385-387; Carolla 2015; Roberto 2016; Brodka 2016; Juhász 2019.
15 Il titolo di Χρονογραφία è attestato da Giovanni Damasceno (PG 94, 1369), ma non dai manoscritti, in origine l’opera era designata come χρονικὴ ἱστορία, mentre nella prefazione è indicata come un sommario (ἐγκύκλιον), cfr. Croke 1990: 27; Burgess-Kulikowski 2016: 94; Jeffreys 2016: 131.
16 Anche se la versione pervenuta, attestata in forma completa nel solo ms. Oxford, Baroccianus 182, XII-XIII sec., s’interrompe al 563, la redazione originaria comprendeva ragionevolmente la morte di Giustiniano (565) e si prolungava forse poco oltre tale data, cfr. Croke 1990: 1; per la descrizione del codice e la tradizione testuale dell’opera, cfr. Jeffreys 1990; Ead. 2003: 492-494.
17 Rispettivamente l. XV per Zenone; XVI per Anastasio; XVII per Giustino I e, infine, XVIII per Giustiniano, per quest’ultimo cfr. Scott 1996: 20-34.
18 Cfr. Bourier 1900; Roberto 2017: 50-52 per la dipendenza dalle Chronographiae di Giulio Africano; Borsch-Gengler 2019: 10.
19 Cfr. Costanza 1959: 247, 251.
20 Il l. V dedicato al ciclo di Troia (Χρόνων Τρωϊκῶν) s’inserisce in una posizione di cerniera tra la protostoria della Grecia (ll. II-IV sui regni di Argo, Atene e Tebe) e gli Imperi di Persia (l. VI con la cattività babilonese), di Alessandro Magno e i Diadochi (l. VII), di Roma dalla fondazione dopo Enea (l. VIII) fino alla Repubblica e l’età di Augusto coincidente con l’avvento di Cristo (l. IX), cfr. Croke 1990: 2; Bernardi-Caire 2016: 127.
21 Cap. 5, 9 Thurn: 75, 55-56 Οἱ ἡγεμόνες τῶν ἐπὶ Ἴλιον τὴν πόλιν ἐξελθόντων τοιοῦτοι τὰς ἡλικίας ἦσαν, il catalogo dei capi greci procede in ordine d’importanza a partire dal comandante supremo Agamennone e il fratello Menelao, Achille e Patroclo, per passare ad Aiace Telamonio, Odisseo, Diomede, Nestore, Protesilao, Palamede, Merione, Idomeneo, Filottete, Aiace Locrese, Pirro.
22 Per i ritratti mitologici fisiognomici esemplati sul modello di Filostrato, cfr. Cianci 2019: 177-181, con analisi delle fonti retoriche per le categorie corrispondenti di χαρακτηρισμός, εἰκονισμός.
23 Chronogr. 2, 14 Thurn: 29, 38-50: non è un anziano vate, bensì un cacciatore effeminato e un filosofo, latore di idee nuove, interessato ai problemi della generazione, cfr. Bernardi 2011: 255-259; Ead-Caire 2016: 127-128. Sull’applicazione sistematica dell’evemerismo e l’interpretazione allegorizzante al mito antico e alla storia preabramitica, cfr. Adler 2017: 29-31.
24 Grazie all’abolizione della licenza poetica tali elementi sono recuperati in una sintesi culturale coerente, cfr. D’Alfonso 2006: 1; Thesz 2016: 37, con altri paralleli di critica anti-omerica ed anti-epica in ambiente siriaco.
25 La storia della regalità tebana è inserita in una cornice cronologica come una realtà fattuale, demitizzata e depauperata di ogni elemento fantastico, non senza innovazioni rispetto alle fonti classiche, ad es. l’interpretazione evemerizzante della Sfinge come episodio di brigantaggio, cfr. Reinert 1981: 331, 379; Pernet 2007: 350, 355-357, 372, 385.
26 Sulla scoperta della scrittura ad opera di Cadmo (2, 14 Thurn: 28-29), cfr. Bernardi-Caire 2016: 127.
27 Come rileva Adler 2017: 30-31, si richiede «a complete inventory of all the sages and inventors responsible for these discoveries. The result is a storyline crowded with the names of inventors, warriors, philosophers, and kings, one right after the other, and explanations of how their findings were transmitted to posterity, whether through books and monuments recording their discoveries or through migration and colonization».
28 Malalas, Chronographia, V 9, Thurn pp. 76-77, ll. 85-93.
29 Anna Comnena, Alexias, 1,3,1 e 2 Leib 1967: 15 per la cattura del mercenario normanno ribelle Roussel de Bailleul nel 1075, mediante un accecamento simulato; 2, 3, 5 ibid.: 70 sull’avvedutezza di non presentarsi assieme al fratello Isacco alla Corte di Niceforo III Botaniate per non cadere vittima di congiure di palazzo, cfr. Beihammer 2017: 211-213; Costanza 2020b: 175.
30 Euthym. Zigaben., Panoplia Dogmatica cap. 20, PG 130,19: καὶ μηχανημάτων ἐπίνοιαι, μηδὲν ἐλαττούμεναι πολλάκις τῶν Ἀρχιμήδους καὶ Παλαμήδους. Le trovate del fondatore della dinastia eguagliano quelle dei geni del mito e dell’Antichità.
31 Cfr. Utzinger 2003: 185; Torrance 2013: 142-143. Il dramma di Euripide, fr. 578, 581, 588 N. si rapporta al modello di Eschilo fr. 181a, 182 R., che riscrive la materia dei Cypria, fr. 21 Bernabé e di Sofocle nel suo Palamede, fr. 432 R., dedicato alla condanna a morte dell’eroe, cfr. Romero Mariscal 2004: 219-221; Clúa Serena 2006: 183-186; Schlange-Schöningen 2006: 100; Sommerstein 2015: 464.
32 L’assenza di Palamede nei poemi omerici giova a non presentare Odisseo sotto una cattiva luce, oscurandone i meriti, come rileva Philostrat., Her. 24 (691-692), VA VIII 6.2 seguito da Ioh. Tzetz., Hexeg. in Il. 29, 8 Papathomopoulos 450,10- 451,2; cfr. Mestre 2004: 136-137; Schlange-Schöningen 2006: 94, 103; Neri 2007: 167 nt 1; Sommerstein 2010: 112.
33 Una divergenza dal racconto epico della Cronografia è l’arrivo di Odisseo da Calipso con la sua flotta invece che reduce dal naufragio, dopo aver perduto tutti i compagni, cfr. Thesz 2016: 32. La mancata menzione dell’Odissea tra le fonti di Malalas non significa, tuttavia, la mancanza di familiarità con il poema.
34 Ps.-Apollin., Met. Ps. 139, 12 PG 33,1524: ἀνέρα λαυραγόρην (~ LXX: ἀνὴρ γλωσσώδης) καθέλοι κακομήχανος ὥρη. Il contesto del Salmo e della Metafrasi è inequivocabilmente derogatorio.
35 Una tradizione alternativa a quella euripidea svaluta sistematicamente le scoperte di Palamede accusato di essere un falsario e trova eco nell’orazione Ὀδυσσεὺς κατὰ Παλαμήδους προδοσίας attribuita al sofista Alcidamante, ed. Avezzù 1982: 22-40; cfr. Falcetto 2002: 179; Redondo 2014: 107-109.
36 Cfr. Dimitrakou 1950: 7082, s.v. τάβλι(ν), ταβλίζω; Lampe 1961: 1376. La grafia di Malalas indica l’omofonia tra il digramma αυ- con sonorizzazione del ΙΙ elemento vocalico prima di consonante liquida e perdita del dittongo (/u/ > /v/) e il digramma αβ- con spirantizzazione della labiale (/b/ > /v/). Nella Cronaca abbondano i prestiti dal latino, specie del lessico militare e amministrativo, cfr. Jeffreys 2003: 511.
37 Si veda la domanda retorica di Apollon., ap. Euseb. Hist. Eccl. 5,18,11 Bardy 1955: 58: προφήτης τάβλαις καὶ κύβοις παίζει; La fonte di Eusebio, si scaglia contro questa e altre pratiche illecite (amore smodato per la ricchezza, usura, bagni pubblici, tinture e belletti) usuali presso i profeti montanisti, la cui condotta immorale ne comprova il carattere di impostori, cfr. Tabbernee 2007: 213.
38 L’insuccesso al tavoliere è descritto minuziosamente da Agath. Scholast., AP 9,482,27: τάβλην φεύγετε πάντες; cfr. Lazos 2002: 669-674; Carbone 2005: 111-125; Costanza 2019: 88-89, 191. Sulla riprovazione dei giochi venali con i dadi e il demi-monde composto da bari, biscazzieri, etere riassunto da Philemo, fr. 175 Κ.-Α.: «μεθύει, διαγραμμίζει, κυβεύει», cfr. Costanza 2021a: 29-34.
39 Leont. Cypr. N., V. Symeonis Sali 57 PG 93, 1740c: ἐθεώρει ἑαυτὸν κατὰ τοὺς ὕπνους ταυλίζοντα μετά τινος Αἰθόπος. Ἦν δὲ οὗτος ὁ θάνατος.
40 Cratin., fr. 61 Κ.-Α.. ap. Poll. 9,98 = Zenob. Athen. 3,16 = vulg. 5,67 CPG I 147: Πανδιόνιδα πόλεως βασιλεῦ | τῆς ἐριβώλακος, οἷσθ’ ἣν λέγομεν, |καὶ κύνα καὶ πόλιν ἣν παίζουσιν. Il re citato con il patronimico secondo uno stilema tragico è Teseo, responsabile del sinecismo di Atene, la città raffigurata nella tavola lusoria. La battuta è dettata dall’ambivalenza fra il gioco della polis e la città in concreto, cfr. Mendner 1978: 850; Paraskevaïdis 1992: 26, Lazos 2002: 564-576; Costanza 2019: 295; Id. 2020: 386-387.
41 Suet., Lud. 1,4 in Eust. 1397 Taillardat: 64: τὴν δὲ τοῦ πεττευτηρίου λεγομένου· καταγράφεσθαι γάρ τι πλινθίον ὥσπερ ἐν τῇ πεττευτικῇ παιδιᾷ δι’ οὗ τὰ κινήματα τοῦ τε ἡλίου καὶ τῆς σελήνης, ἔτι δὲ καὶ τὰ ἐκλειπτικά, πραγματεύονται Αἰγύπτιοι (gli Egizi tracciano un quadrato come nei giochi di pedine; così calcolano i movimenti del Sole, della Luna e delle eclissi).
42 P. Oxy. III 470, recto, col. I ll. 10-12, ed. Grenfell-Hunt 1903: 143-144; cfr. Taillardat 1962: 150; Costanza 2021b: 379. Nella medesima prospettiva astronomica s’intende la definizione di Tim. Soph., Lexicon π 24 Valente s.v. πεττεία: ἡ διὰ ψήφων παιδιά· ἔστιν δ’ ὅτε καὶ γεωμετρίαν λέγει.
43 Cfr. Babiniotis 2005: 945 s.v. κουκκί, § 3. Sulle pedine, cfr. Zonar. s.v. πεττοί, Thom. M. 212 R.
44 Cfr. Poll. 7,23; Hermipp., fr. 27 K.-A.; Comentale 2017: 119-121, con riferimento a κῆθιν in P. Lond. 2,402 v. 22 (II a.C.) ed altri paralleli.
45 La norma prevalente è 1+6, 3+4 o 2+5 per i lati opposti dei dadi cubici, l’ultima combinazione manca negli astragali, gli ossicini del calcagno aventi solo quattro facce, cfr. Schol. Pl., Ly. 206E (Areth.), Greene 456 = Suet., Lud. 1,19 in Eust. Il. 1289: ἀστραγάλοις τέσσαρσιν καὶ εἷς ἕκαστος ἀστράγαλος πτώσεις ἔχει τέσσαρας, ἐξ ἑβδομάδος κατὰ ἀντίθετον συγκειμένας ὥσπερ ὁ κύβος· ἔχει δὲ ἀντικείμενα μονάδα καὶ ἑξάδα, εἶτα τριάδα καὶ τετράδα. Ἡ γὰρ δυὰς καὶ πεντὰς ἐπὶ τῶν κύβων μόνων παραλαμβάνεται διὰ τὸ ἐκείνους ἐπιφανείας ἔχειν ἕξ, Lafaye 1912: 28; Mendner 1978: 849; Schädler 2007: 13.
46 Cfr. Hesych., δ 978 Cunningham: σαφηνίζει ὅτι διαγραμμισμός· παιδιά τις ἑξήκοντα ψήφων λευκῶν καὶ μελαινῶν ἐν χώραις ἑλκομένων. Τὸ δὲ αὐτὸ καὶ γραμμὰς ἐκάλει, similmente Suet., Lud. 1,17 in Eust., Il. 6,170: παιδιά τις ὁ διαγραμμισμὸς ἐγίνετο δέ φασιν, αὕτη κυβείας οὖσα εἶδος διὰ τῶν ἐν πλινθίοις ψήφων ἑξήκοντα λευκῶν τε ἅμα καὶ μελαινῶν; May 1995: 51-61; Lazos 2002: 239-244; Costanza 2019: 196; Id. 2021b: 382-383.
47 In concreto si tirava in alto un coccio d’argilla (óstrakon), la cui superficie interna era annerita con uno strato di pece, mentre quella esterna era lasciata bianca: i due lati opposti simboleggiavano il “giorno” (ἡμέρα) e la “notte” (νύξ), fungendo da testa o croce e dividevano i giocatori tra fuggitivi ed inseguitori, a seconda del lato di caduta, la rotazione del coccio è divenuta un simbolo dell’incostanza del fato, cfr. Ar., Eq. 853-857; Pl., Phdr. 241b, R. 7,521c; Pl. Com., fr. 168 K.-A.; Eun., V.S: 10,35, Hist. fr. 16,1; Marin. Procl. 16, Poll. 9,111; Pirrotta 2009: 306-308; Lazos 2002: 436-439; Id. 2010: 103; Costanza 2019: 231-232; Id. 2020c; Id. 2021b: 396-397.
48 Le linee sul tavoliere in tale prospettiva configurano una categoria particolare di charakteres, i segni e grafemi speciali vergati su alcune superfici e considerati a fini magici, cfr. Mastrocinque 2011.
49 Su tali tipologie ludiche, cfr. Schädler 2009; Id. 2012.
50 La massima è già assunta in forma proverbiale in Alc., fr. 351 V., per le testimonianze relative a questa tradizione paremiografica cfr. Costanza 2019: 99-103; con discussione ibid., 192-194.
51 Cfr. Costanza 2019: 195.
52 Cfr. Mart. 14, 16: Turricula: quae scit compositos manus improba mittere talos, / si per me misit nil nisi uota feret. Cfr. anche Isid., Etym. 61: De pyrgis. Pyrgus dictus quod per eum tesserae pergant, siue quod turris speciem habeat. Nam Graeci turrem purgon uocant.
53 Bonn, Rheinisches Landesmuseum, inv.-nr. 85.269, da Vettweiss-Froitzheim presso Düren, cfr. Mendner 1978: 850; Paraskevaïdis 1989: 90; Lazos 2002: 587-594.
54 Iscrizione sulla fronte: Pictos / uictos, / hostis / deleta, / ludite / securi («I Pitti sono sconfitti, il nemico è sbaragliato, giocate tranquilli») e sui lati: Vtere / felix / Viuas («Usala e vivi con fortuna»), trad. Horn 1989; cfr. Carbone 2005: 49, 51; Lazos 2010: 100-103, fig. 207; Cobbett 2013: 48-49, con lo schema di funzionamento e altri rinvenimenti di tale strumento ludico; Körfer 2017: 217-219, con fotografie.
55 Isid., Etym. 60: De tabula. Alea, id est lusus tabulae, inuenta a Graecis in otio Troiani belli a quodam milite Alea nomine, a quo et ars et nomen accepit. Tabula luditur pyrgo, calculis tesserisque.
56 Cfr. Merkelbach 1978.
57 Eustath., Od. 739c = Suet., Lud 1, 15 Taillardat, 66; cfr. Lazos 2002: 381.
58 Clearchus, Ἀρκεσίλας, fr. 12 Wehrly: 49 = fr. 121 Taïfakos.
59 L’appellativo, con il quale è generalmente noto, deriva dal maestro Apollonio Crono, cfr. Cambiano 1977; Denyer 2002: 597-600, Verde 2013: 213-214.
60 Gli studi di dialettica si collocano tra gli interessi precipui della Scuola Megarica, ove Diodoro sviluppa l’eristica e il κυριεύων λόγος, il “discorso dominatore”, demolendo la categoria del possibile sulla base del necessario: se una cosa è possibile, è o sarà vera, perché dal possibile non consegue l’impossibile ed è possibile solo ciò che è anche vero, che è o è stato, che è già accaduto o accadrà in futuro; perciò solo ciò che avviene necessariamente si può ritenere possibile, cfr. Hartmann 1966: 174-175; Döring 1989: 300.
61 Sulla sua proposta filosofica, cfr. Wehrly 1983; Wöhrle 1984; sulla vicenda editoriale dei frammenti superstiti, cfr. Dorandi 2011: 1-11.
62 Sul ruolo di Arcesilao, responsabile della svolta scettica dell’Accademia protrattasi sino a Filone di Larissa (inizi I secolo a.C.), cfr. Vezzoli 2014; Tarrant 2021, con recensioni di Dorandi 2019; Id. 2021: 450.
63 È attestato come autore di un Περὶ ὕπνου sulla realtà onirica in almeno due libri, un Περὶ πανικοῦ sugli effetti della paura e gli Ἐρωτικά sulla fenomenologia dell’amore e delle sue forme patologiche, cfr. Wheeler 2004: 177-178; Kanavou 2020-2021: il trattato sulle passioni erotiche denota pure ambizioni letterarie.
64 Cfr. Mayhew 2022: 603-604: inoltre, il peripatetico Clearco disapprova certo la scelta da parte di Arcesilao di lasciare il Liceo e di passare all’Accademia di Crantore, causando il grave dispiacere di Teofrasto (D.L. 4,3).
65 Hom., Od. 1,107: πεσσοῖσι προπάροιθε θυράων, è l’attestazione più antica di giochi con pedine nella letteratura greca, cfr. Kurke 1999a: 254; Ead. 1999b: 255-256; Lazos 2002: 469-476; Whittaker 2005: 289; Nelson 2020: 34.
66 Nell’Alcibiade di Platone Socrate annovera i giochi con le pedine tra i temi d’apprendimento, seppur non tra i più rilevanti, meno serio della giustizia (110e: τὰ πεττευτικά [...] καίτοι φαυλότερα αὐτὰ ... τῶν δικαίων). Come ribadisce il personaggio eponimo del dialogo, vi sono molti altri soggetti più difficili da insegnare (ibid.: ἄλλα γοῦν πολλὰ οἷοί τ’ εἰσὶ διδάσκειν σπουδαιότερα τοῦ πεττεύειν), cfr. Paraskevaïdis 1992: 25. Sulla riprovazione dei dadi associati ai giochi venali, alle bische e al demi-monde frequentato da bari, biscazzieri ed etere, cfr. Costanza 2021a: 29-34.
67 Sulla discussione del frammento dell’Arcesilao saldamente accorato alla prospettiva del gioco da tavola, cfr. Tsitsiridis 2013: 85-94.
68 Ap. Rh. 3, 112-130, 154-155, cfr. Costanza 2022: 4-7.
69 Cfr. Epict. Diss. 2,19; S.E. M. 10,87; Cic. Fat. 12,13,17; Fam. 9,4; Plu. Stoic. Rep. 1055e-f; Barnes-Bobzien-Mignucci 1999: 83-86; Sedley 1999: 359-361.
70 In questo passaggio Clearco spiega il tema zodiacale previamente illustrato da Diodoro di Megara, parafrasandolo e apportando forse alcune correzioni, cfr. Denyer 2002: 598; Verde 2013: 213.
71 Clearchus, fr. 11 Wehrly, 49 = fr. 120 Taïfakos, in Schol. Pl. Lg. 5,739a: Περὶ παροιμίας φησὶ τῆς· κινήσω τὸν ἀφ’ ἱερᾶς, ἢ τέτακται ἐπὶ τῶν τὴν ἐσχάτην βοήθειαν κινούντων. Μετείληπται δὲ ἀπὸ τῶν πεττευόντων, παρὰ τούτοις γὰρ κινεῖταί τις ψῆφος οἷον ἱερὰ καὶ ἀκίνητος, θεῶν νομιζομένη, ὥς φησι Κλέαρχος ἐν Ἀρκεσίλᾳ. (Secondo il proverbio dice: “sposterò la pedina dalla linea sacra”, riguardo a quelli che muovono per il soccorso estremo. Deriva dal lessico dei giocatori con le pedine, presso i quali vi è una pedina detta sacra, inamovibile, ritenuta quella degli dèi, come afferma Clearco nell’Arcesilao); cfr. ps.-Plut., Prov. 67 = Zenob. 3,27, Kurke 1999a; Nelson 2020: 12.
72 Clearco nell’Arcesilao trattava i corpi celesti in risposta al sistema del filosofo scettico eponimo del dialogo, vi era esposta probabilmente la faccia della Luna, come ipotizza Mayhew 2022: 604. Sicuramente l’analogia astrale in esame giocava un ruolo determinante in tale scritto.
73 Cfr. Ioh. Tzetzes, Hexeg. in Il. Stamathopoulos 2003: 29, 14-30, 1, 66, 8-9, 69, 13-14, 116, 16-18, 177, 1-6.
74 Sulla stagione dell’occultismo di età paleologa, cfr. Greenfield 1995; Costanza 2012; Id. 2020d.