JUAN MARIA MONTIJANO:

IL SIGNIFICATO DI ‘BENE’ E IL PROGETTO DI VALORIZZAZIONE DEL SAN CARLINO DI ROMA

 

JUAN MARIA MONTIJANO:

THE MEANING OF ‘GOOD’ AND THE ENHANCEMENT PROJECT OF SAN CARLINO IN ROME

 

Anna Gallo (Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, Italia) annette.ag85@gmail.com

Sergio León Guerrero (Universidad de Málaga, España) sergioleonguerrero@icloud.com

 

 

Recibido: 05 julio 2021    / Aceptado: 25 agosto 2021

 


Astratto: A partire da una riflessione maturata da Juan María Montijano riguardo la natura metafisica del design, intesa quale custode del reale significato degli oggetti che ci circondano, lo studio approfondisce il ‘valore immateriale dei prodotti materiali' con l’intento di invitare a porre attenzione non solo sul binomio forma-funzione ma anche sulla stratificazione intangibile che lo sostiene. Una dimensione considerata privilegiata in quanto qui si incontrano il processo progettuale e l’esperienza d’uso contribuendo entrambi a liberare gli oggetti dall’anonimato della standardizzazione e dai rischi della spersonalizzazione, dotandoli di una sorta di ‘biografia’. In questo modo le cose si trasformano in storie, linguaggi, relazioni.

A supporto della tesi della ‘metafisica del disegno’, il terzo paragrafo indaga il pensiero di studiosi del Novecento – da Barthes, Baudrillard, Selle, Kopytoff, De Fusco, le cui ricerche convergono da prospettive differenti verso l’idea di una dimensione culturale del quotidiano costruita mediante i significati e i segni appartenenti alle sue componenti piccole e grandi. In tal senso anche il termine ‘patrimonio’ viene considerato nell’accezione inglese di Cultural Heritage, ovvero come giacimento attivo da continuare ad alimentare nel tempo attraverso strumenti in grado di valorizzarne i contenuti aggiornandoli e rendendoli accessibili e fruibili.

Tra questi la tecnica dello storytelling, canale narrativo che pone in evidenza in particolar modo l’immateriale, ritrovando quindi nei contenitori culturali come archivi e biblioteche delle dimensioni in grado di favorire lo sviluppo di azioni strategiche finalizzate a incrementare conoscenza e cultura. Da qui la parte finale del testo è dedicata ad esaminare l’opera di valorizzazione portata avanti da Juan María Montijano per oltre quindici anni nella Biblioteca e nell’Archivio del san Carlo alle Quattro Fontane a Roma al fine di tutelare, raccontare e trasmettere nel tempo la memoria storica custodita al suo interno.

Parole chiave: Metafisica; Patrimonio culturale; Narrazione; Borromini; Biblioteca.

Abstract: Starting from a thought conceived by Juan María Montijano regarding the metaphysical nature of design, considered to keep the real meaning of the objects that surround us, the study analyses the ‘intangible value of material products’ with the intention of inviting people to pay attention not only on the couple form-function but also on the intangible stratification that supports it. A dimension considered privileged as here meet the design process and the experience of us, both contributing to get objects free from anonymity of standardization and the risks of depersonalization, providing them with a sort of ‘biography’. In this way, things become stories, languages and expressions of relationships.

In support of the thesis of the ‘metaphysics of design’, the third paragraph investigates the thoughts of academics and philosophers from the Twentieth Century –Barthes, Baudrillard, Selle, Kopytoff, De Fusco– whose researches converge from different perspectives towards the idea of a cultural dimension of everyday life built through the meanings and signs belonging to its small and bigger components. Following this idea, the term ‘heritage’ is also considered as an active deposit to increase over time adopting tools capable of enhancing its contents by updating them and making them accessible and usable.

These include the technique of storytelling, a narrative channel that highlights in particular the immaterial, finding in ‘cultural containers’, such as archives and libraries, dimensions useful to develop strategic actions aimed at increasing knowledge and culture. From here, the last part of the paper examines the enhancement work carried out by Juan María Montijano over fifteen years inside the Library and the Archive of san Carlo alle Quattro Fontane in Rome, in order to protect, narrate and transmit the historical memory that holds.

Keywords: Methaphysics; Cultural Heritage; Storytelling; Borromini; Library.

 

Cómo citar este artículo: 

Gallo, A. (2021). Juan María Montijano: Il significato di ‘bene’ e il progetto di valorizzazione del San Carlino di Roma. Revista Eviterna 10, 55-66 /

DOI: https://doi.org/10.24310/Eviternare.vi10.12956

 

1. Introduzzione

Leggere, interpretare, valorizzare. Entrare dentro la complessità di un oggetto, indipendentemente dalla sua forma e finalità d’uso, vuol dire riuscire a muovere dalla struttura esterna ai suoi contenuti scoprendo l’insieme dei significati che fungono da meccanismi interni per conferirgli senso. La storia, i principi, lo spirito. Juan María Montijano definisce questo processo Metafisica del disegno (2013), un canale privilegiato in grado di creare interazione tra le persone e i prodotti del quotidiano e da qui favorire azioni di valorizzazione delle risorse possedute più consapevoli.

            Una riflessione sostenuta dai numerosi studi avanzati nel corso del Novecento sul valore intangibile delle cose materiali, indirizzati a interpretare la significazione come nuova forma di fruizione. Considerazioni che trovano concretezza nelle strategie di rivalutazione del patrimonio culturale predisposte oggi in Italia, avendo compreso il grande potenziale delle risorse acquisite e la necessità di considerarle come giacimenti dinamici da alimentare, non un’eredità ricevuta passivamente da consumare.

            Il progetto di restauro della biblioteca e dell’archivio di san Carlo alle Quattro Fontane a Roma portato avanti per circa diciotto anni da Juan María Montijano costituisce un esempio concreto di tutto ciò in quanto, oltre ad aver disposto una nuova accessibilità per un patrimonio materiale e immateriale di rilievo, restituisce l’importanza del ruolo rivestito dai contenitori della cultura quali filtri di una conoscenza che dovrebbe essere costantemente trasmessa per essere incrementata, anziché erosa, nel tempo.

2. La Metafisica del quotidiano

Nel 2013, Juan María Montijano scrive un saggio dal titolo Metafisica del disegno. Racchiude le riflessioni maturate riguardo la natura del disegno industriale ed è insieme espressione di una capacità di pensiero critico che sembra voler trascendere il fine didattico per diventare piuttosto un suggerimento di come guardare al mondo. Penetrarne le più piccole componenti filtrandole attraverso le conoscenze possedute, senza pregiudizi. Alimentando in questa libertà percettiva il nostro personale processo di crescita.

            Il cuore del discorso è il disegno inteso quale espressione dello spirito. Una disciplina finalizzata a rendere armonico l’ambiente umano. Dal modo in cui concepiamo gli oggetti del quotidiano, la casa dove abitiamo, la nostra città, il paesaggio, gli abiti che indossiamo o il cibo di cui ci nutriamo. Ogni cosa progettata dall’uomo possiede un’estetica definita da una forma a sua volta determinata dalla funzione svolta ma, ancora prima, da un insieme di significati intrinsechi e dal valore immateriale che ne scaturisce di conseguenza. Se a lungo
–spiega Montijano (2013, p. 3)–, il ‘disegno del quotidiano’ ha guardato con diffidenza a tutto quanto in un oggetto appare superfluo rispetto alla funzionalità pratica, negli ultimi anni la rivalutazione del patrimonio immateriale nella sua complessità ha stimolato a riconsiderare anche il «disegno in un modo spirituale, culturale e artistico più elevato e ampio, rivolgendoci verso i suoi principi, le sue origini e il suo sostento metafisico».

            La spiritualità comprende infatti l’immateriale, l’incorporeo prossimo alla nostra interiorità quale essenza. Un imprinting al di là di quanto ci contraddistingue fisicamente nel reale. E vale lo stesso per le cose, riempite anch’esse di uno spirito. In quest’ottica la metafisica del disegno diventa lo strumento per guardare dentro i principi, le cause e le proprietà di un progetto proiettati nell’immaterialità che conferisce corpo e sostanza a quanto ci circonda. Le accezioni alle quali Montijano fa riferimento a supporto della teoria concepita sono gli scritti Aristotelici e la definizione anteriore data dai filosofi della Scuola di Mileto. Metafisica, quindi, come scienza dell’essere e della conoscenza. Come ontologia e gnoseologia. Nello specifico, parlare di metafisica del disegno vuol dire così raggiungere la sostanza delle cose attraverso lo studio dei significati in esse racchiusi. Quei significati in grado di descrivere e far conoscere più a fondo quanto comunemente percepito dallo sguardo (Reale, 1994, p. 37-58).

3. Un valore invisibile oltre il reale

Se poi da Aristotele si compie un balzo temporale in avanti fino alla metà del Novecento è possibile ricostruire il senso della centralità raggiunta oggi dal ‘valore immateriale delle cose materiali’ a partire dal contributo di studiosi di discipline diverse allineati con la visione proposta da Montijano.

            Già Roland Barthes nel saggio Semantica dell'oggetto (1966) elabora la ‘teoria della significazione’ con cui analizza la capacità degli oggetti di acquisire un valore semantico e di veicolare un insieme di significati nel mondo contemporaneo. Si inizia qui a considerare insieme alla funzione specifica di un oggetto d’uso la prominenza del senso inteso come fatto culturale, come prodotto della cultura. «Crediamo di trovarci in un mondo pratico di usi, di funzioni, di domesticazione totale dell'oggetto -scrive Barthes (p. 48)- e in realtà ci troviamo anche, attraverso gli oggetti, in un mondo del senso [...] la funzione fa nascere il segno, ma questo segno viene riconosciuto nello spettacolo di una funzione».

            Il costituirsi dei prodotti in un sistema strutturato di segni, posti in dialogo con interlocutori esterni sia nel momento della fabbricazione che attraverso il consumo, ha la duplice funzione di arricchirli da un punto di vista contenutistico e di creare un insieme articolato di relazioni proficue per lo sviluppo culturale della società. Ragion per cui, più tardi, Jean Baudrillard con l'opera Il sistema degli oggetti (1972) concentra il discorso sul valore culturale degli oggetti a partire dai rapporti sociali che istaurano. Ovvero dal legame stabilito con i singoli individui e con i sistemi economici e sociali, produttivi e distributivi in cui sono collocati, fino a mettere a punto una teoria sociologica dei processi culturali per analizzare le modalità e le logiche di relazione. Al suo interno il consumo, lungi dall'essere considerato un'attività finalizzata esclusivamente al soddisfacimento di bisogni, è riconosciuto come momento fondamentale in quanto a esso sono riconducibili l'attribuzione e l'identificazione dei significati appartenenti agli oggetti (p. 249).

            Discorso perfettamente allineato alle strategie di valorizzazione attuali, orientate a reindirizzare la finalità ultima della fruizione dall’interesse economico verso quello culturale in modo da interpretare l’uso delle cose come una modalità di disvelamento del sistema di valori culturali e sociali che ne determina il reale valore d’uso. Analogamente, Gert Selle (1975, p. 15) analizza il disegno progettuale nella sua evoluzione in linguaggio quotidiano dotato di una particolare responsabilità sociale poiché attraverso gli oggetti trasmette concetti e informazioni alla comunità. La dimensione intangibile acquista ancora maggiore rilievo e in essa Selle fa risiedere il sistema che attua la forma, quello che definisce gli aspetti relativi all’uso e i meccanismi che regolano la trasmissione di cultura verso l’esterno.

            L’insieme di questi studi ha inoltre favorito il nascere di un ulteriore concetto a sostegno della metafisica del disegno, quello di ‘biografia degli oggetti’. Non in senso animistico ma sociologico, come sommatoria delle trasformazioni conseguenti alle relazioni dei prodotti con il mondo intorno.

            La teoria trova seguito con la diffusione del saggio The Cultural Biography of Things (1986) nel quale l'antropologo Igor Kopytoff, superando la questione del binomio forma-funzione, condanna il peso attribuito al valore d’uso e di scambio. «Da una prospettiva culturale -sostiene Kopytoff- la produzione di merci è altresì un processo culturale e cognitivo: le merci non devono solamente essere prodotte materialmente come oggetti, ma devono anche essere connotate culturalmente come genere specifico di oggetti».

            L'esistenza di una biografia culturale intende sottrarre definitivamente i prodotti del quotidiano alle dinamiche dello scambio materiale con finalità consumistica, salvandoli dall’oblio della spersonalizzazione. A prevalere è il fattore semantico, quella riduzione culturale suggerita da De Fusco come strategia per ricondurre ogni cosa ai segni e ai linguaggi in grado di esprimere, comunicare e comprendere l'intangibile rendendolo fruibile dalle persone (De Fusco, 2012, p. 23). L’espressività dello spirito che necessita solo di uno sguardo educato all’interpretazione meta-fisica della realtà per poter godere appieno del reale valore da cui siamo circondati.

4. Il patrimonio culturale come risorsa organica

Il concetto di disegno, così come definito da Juan María Montijano e convalidato dagli studi citati, trova precisa collocazione nello scenario culturale italiano contemporaneo con le sue contraddizioni e complessità. Analfabetismo funzionale e utilizzo poco strategico delle risorse sono solo due delle principali problematiche causa della condizione di stallo protrattasi nel Paese in maniera consistente fino alla crisi economica del 2008, quando il prendere coscienza del patrimonio posseduto ha spinto a concepire modalità di gestione più appropriate del sistema culturale materiale e immateriale. In primis facendo spazio ad azioni di valorizzazione che privilegino la dimensione sociale e relazionale della cultura, così da alimentare la diffusione del sapere nelle persone e, in parallelo, il valore stesso dei beni.

            Quello tra cittadini e bene comune è un legame con radici profonde e insito in tutte le definizioni di patrimonio culturale susseguitesi nel tempo. Basta considerare l’etimologia della parola. Di origine latina, patrimonium intende le ricchezze ereditate dal passato, così come si riscontra nel diritto romano dove il patrimonio identifica i beni appartenenti alla famiglia «non secondo il loro valore pecuniario, bensì secondo la loro condizione di beni da trasmettere […] rappresenta la rivendicazione di una discendenza, l'erede è un depositario nel senso moderno del termine» (Vecco, 2007, p. 18).

            Nel tempo da proprietà del nucleo familiare gli stessi beni diventano proprietà dei gruppi sociali, fino a far coincidere l'identità culturale della nazione con quella del patrimonio posseduto. La considerazione della dimensione collettiva avviene tra il Settecento e l'Ottocento, quando con la creazione dei primi musei e l'apertura al pubblico delle collezioni finora a uso privato inizia a farsi strada l'idea che la loro diffusione presso la comunità possa rappresentare un’occasione di crescita per i cittadini in quanto stimola il senso di appartenenza e di cura. Gli elementi costituenti il patrimonio iniziano a essere considerati risorse da tutelare e valorizzare come bene comune. Al di là dell'aspetto estetico, storico o naturale, emerge dal legame con i cittadini una funzione civile che da un lato comporta la sua massima accessibilità a tutti e dall'altro la responsabilità da tutti condivisa di preservarlo per le generazioni future (Settis, 2002, p. 20). Ragion per cui i progetti di conservazione, fruizione e valorizzazione sviluppati negli anni mostrano una precisa intenzione di evidenziare il valore simbolico e metaforico, lavorando in maniera mirata nella dimensione sociale.

            A emergere nel tempo è quella che Settis definisce la ‘funzione di custodia’ svolta dalle persone nei confronti dell'eredità ricevuta. Una responsabilità che necessita di essere costantemente animata dalla consapevolezza dell'importanza rivestita dal patrimonio come immagine del passato e proiezione del futuro, coscienti del fatto che non si tratta di un'entità estranea ma di qualcosa che ciascuno di noi ha contribuito a creare. Ancora di più in Italia per l'intensità, la stratificazione e la distribuzione culturale caratterizzanti il territorio.

            In quest’ottica le criticità attuali dovrebbero stimolarci a rivolgere maggiore cura verso quanto ereditato, imparando a considerare il patrimonio nel significato anglosassone di Cultural Heritage: un’eredità attiva che si costruisce nel tempo e che viene trasmessa in maniera dinamica al futuro. Similmente la derivazione del suffisso -monium, dal latino alere, ha il significato di ‘far crescere’, ‘nutrire’, con riferimento a qualcosa non strettamente legato al passato ma che al contrario estende la propria dimensione temporale in avanti [Fig. 1]. Per questo motivo l'eredità culturale non può essere considerata un insieme chiuso e finito ma, piuttosto, una ricchezza in itinere alimentata da testimonianze trasmesse secondo prospettive diverse che possono indurre alla sua implementazione, caratterizzazione o trasformazione nel tempo (Ballart Hernández, 2001, p. 11-12).

            Le tecnologie di cui disponiamo oggi offrono un grande contributo affinché questo sia possibile. Parole come storytelling, historytelling, brand haritage, sono diventate di uso comune dietro la spinta di una valorizzazione che impone forme sempre più accessibili e inclusive di comunicazione delle risorse culturali. Per questa ragione archivi e biblioteche, principali volani di cultura materiale e immateriale, sono protagonisti di un processo di innovazione –sia virtuale che reale– finalizzato a trasformarli da spazi ostici in dimensioni dinamiche e fortemente connesse con il territorio di appartenenza. Contenitori da cui attingere per creare nuovi linguaggi di sintesi tra passato e futuro (Liggeri, 2015). Un processo supportato anche dall’interesse rivolto in maniera sempre più consistente verso i visual studies, il cui carattere interdisciplinare facilita la messa in relazione delle persone con il sistema culturale. Studi che, alla stregua di quelli precedentemente descritti, invitano a considerare le espressioni visive dell’arte non come presenze concluse in sé ma elementi di dialogo. Parte di un sistema entro cui hanno origine e nel quale matura una particolare complessità determinata dal loro essere al contempo mezzi di comunicazione e di principale accesso al piano simbolico di contenuti culturali sia individuali che collettivi.

Hombre parado en una biblioteca

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Fig. 1. Piccolo Museo del Diario a Pieve Santo Stefano in Toscana, 2013. Fotografía: Francesco Giunta.

5. Dentro il San Carlino

Un dialogo articolato e proficuo nel caso di quello stimolato da Juan María Montijano con il restauro dell’archivio e della biblioteca di san Carlo alle Quattro Fontane a Roma. Rendendo visibile nella teoria come nella pratica, la volontà di fare della cultura un bene accessibile e condiviso. Il lavoro di studio e riordino svolto per circa diciotto anni non può essere descritto come il solo omaggio di Montijano a Borromini e alla città di Roma, proprio per la capacità del processo messo in atto di coinvolgere molti attori diversi moltiplicando il valore prodotto con quella che può essere definita ‘un’impresa’ per l’impegno profuso e i risultati ottenuti in termini di contributo offerto ad arricchire la storia. Inoltre, le ragioni alla base del progetto, gli obiettivi prefissati e la metodologia applicata ne fanno un caso esemplare per tradurre in concreto quanto teorizzato riguardo l’importanza di valorizzare il patrimonio culturale nella sua dimensione materiale e immateriale rendendolo un bene condiviso a partire da contenitori culturali da comunicare mediante un linguaggio nuovo.

            È circa la metà degli anni ’90 quando Montijano pone le basi di quello che sarà un rapporto duraturo e intenso con la città di Roma, soprattutto attraverso il legame stabilito con l’ordine dei padri trinitari. L’ottenimento di una borsa di studio presso l’accademia di Spagna a Roma lo porta in Italia dove intraprende studi relativi all’urbanistica rinascimentale e all’architettura barocca. In particolare, gli insegnamenti di grandi storici dell’arte come Paolo Portoghesi sono rivelatori dell’opera di Francesco Borromini, da lui fortemente ammirato dal punto di vista personale e accademico fino ad acquisire tratti comuni all’architetto negli ultimi anni della sua vita, avendone vissuto pienamente l’opera.

            Parallelamente, i legami stretti con alcuni progettisti impegnati nel significativo lavoro di restauro e conservazione del complesso di san Carlo alle Quattro Fontane, nel centro nevralgico di Roma, introducono Montijano all’interno dell’opera di risanamento della chiesa e del convento nel 1996. Mosso da curiosità e passione, in pochi anni diventa l’erede di un patrimonio dal valore inestimabile conservato nell’archivio e nella biblioteca ospitati dentro gli spazi della casa trinitaria. Riceve una stanza all’interno del convento –tra i pochi ad avere l’onore di poter chiamare casa un’architettura borrominiana– e ricambia il privilegio lavorando per anni senza sosta, sacrificando tutto il suo tempo libero per seguire il recupero dei due ambienti e prendersi cura degli oltre 13.000 libri e documenti restituiti all’Ordine e al pubblico il giorno dell’inaugurazione del progetto, il 5 dicembre 2012 [Fig. 2].

Un par de personas en una biblioteca

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Fig. 2: Juan Maria Montijano presenta il progetto di valorizzazione della biblioteca e dell’archivio di san Carlo alle Quattro Fontane. 5 dicembre 2012. Fotografía: Sergio León Guerrero.

6. La storia che ispira il futuro

Seppure gran parte del lavoro sia stato svolto esclusivamente dal professore Montijano, è stato anche il supporto offerto in forme diverse dal dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università di Malaga, dalla Reale Accademia di Spagna a Roma e dalla confraternita trinitaria a rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi prefissati. In particolare, la scelta di coinvolgere durante gli ultimi anni gli allievi dei corsi di Storia dell’Arte, Architettura e Belle Arti ha rappresentato uno sforzo utile non solo per la conclusione del progetto ma soprattutto per la possibilità data a giovani studenti di sperimentare concretamente l’impegno necessario a tutelare e valorizzare i prodotti della cultura, oltre all’esperienza di poter soggiornare in un convento nel centro storico di Roma vivendo in prima persona la profondità e la bellezza della storia custodita al suo interno.

            Guardando al progetto a partire dal processo che l’ha generato, è possibile individuare diverse fasi relative allo studio, la catalogazione, il riordino e la digitalizzazione dei documenti conservati nell’archivio storico e nella biblioteca. Come accennato in precedenza, il totale dei documenti coinvolti raggiunge le 13.100 unità, di cui buona parte provenienti da una donazione fatta nel XIX secolo dal sacerdote spagnolo José de Benavides. Tra questi alcuni libri incunaboli del XV secolo di particolare valore. Ma tra tutti il contributo maggiore in termini di trasferimento di conoscenza è rappresentato da un documento conservato in archivio.

            Si tratta di Libro della Fabrica, redatto in italiano tra il 1650 e il 1655 dall’allora procuratore generale dei trinitari scalzi, Juan de San Buenaventura, costituisce la risorsa più preziosa tra quelle rinvenute nell’archivio del san Carlino poiché è la fonte principale per conoscere il capolavoro di Borromini. Le memorie in esso contenute aprono le porte verso la vita stessa dell’opera. Descrivono le fasi costruttive dell’edificio, così come altre opere minori dei Trinitari a Roma, e le ragioni della scelta di affidare il lavoro a Borromini, in parte legate alla parentela con Carlo Maderno. Il testo racconta l’originalità della sistemazione spaziale dell’architettura e i processi che hanno portato il suo artefice a riuscire ad articolare con tale maestria uno spazio tanto piccolo costruendo una complessità per nulla percepibile dall’esterno. E, ancora, parla della risonanza internazionale suscitata dal progetto, del modo in cui l’inaugurazione desta interesse anche in altre comunità religiose di Roma desiderose di ricevere una copia del lavoro di Borromini quale modello da seguire per avviare ulteriori costruzioni.

            Lo stesso Montijano omaggia il testo mediante una pubblicazione, intesa quale testimonianza del valore storico-artistico di san Carlo alle Quattro Fontane e, insieme, della devozione nutrita verso un uomo emblema di innovazione in ambito culturale. San Carlino rappresenta per lui la massima espressione del genio di Borromini. A differenza di molte altre architetture romane dell’epoca, l’edificio non si pone in relazione con il mondo ma bensì con il territorio circostante allo scopo di dare una personale impronta alla città. Questo perché, anziché evocare un determinato stile, rappresenta piuttosto il suo autore raccontandone accuratamente la singolare concezione di creatività che supera i canoni tradizionali ma senza negarli. Ciò che differenzia l’opera borrominiana è la scelta di preferire all’approccio teorico all’architettura quello pratico della sperimentazione. Per questo nelle sue mani la storia acquista centralità senza essere esaltata ma reinterpretata nella concezione di nuove immagini.

            Come ricorda Montijano, Borromini priva l’antichità del suo principio di autorità determinante per renderla pura inspirazione dalla quale attingere al fine di preservarla, trasmetterla e valorizzarla (Montijano, 1999, p. 15-21).

            In conclusione, il patrimonio rinvenuto e reso accessibile al pubblico dopo un lavoro di selezione che ha ridotto da 25.000 a circa 13.000 sigle la sua consistenza a causa di danni biologici subiti e dell’umidità sono comprensivi di otto libri a caratteri mobili datati tra il 1476 e il 1496, tutti restaurati negli anni ’90. A questi vanno ad aggiungersi 786 documenti risalenti al XVI secolo, 2926 al XVII, 3722 al XVIII, 4921 al XIX e 250 al XX secolo [Fig. 3].

Biblioteca con muebles de madera

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Fig. 3: La biblioteca di san Carlo alle Quattro Fontane il giorno della sua inaugurazione. 5 dicembre 2012. Fotografía: Sergio León Guerrero.

            Identificando invece i documenti in base alle lingue utilizzate, è possibile trovare pubblicazioni in 16 lingue differenti da tutto il mondo con una prevalenza di risorse in italiano e spagnolo. Mentre, la biblioteca è stata organizzata in modo tale da accogliere curiosi e studiosi, per i materiali di archivio è stato utilizzato FileMaker Pro, un database multipiattaforma scelto per preservare, conservare e rendere accessibili anche i documenti più delicati.

7. conclusioni. La cultura che verrà

Nella teoria come nella pratica, l’esempio di Juan María Montijano e, prima di lui, quello di Francesco Borromini mostrano l’importanza di conoscere la storia per approcciare il futuro in maniera consapevole e produttiva. Di saperla ri-conoscere mantenendo uno sguardo critico capace di attraversare le cose anziché osservarle passivamente. Di entrarci dentro per scoprire quei significati che possono essere trasmessi e arricchiti nel tempo.

            Come Borromini segue il culto del frammento recuperando porzioni del passato per rivitalizzarne il senso in forme non convenzionali, così Montijano affronta la sfida di ridare vita a un contenitore culturale, altrimenti abbandonato al rischio dell’oblio, partendo proprio dai singoli e più piccoli elementi che lo compongono. Ognuno di essi portatore di molteplici significati. Lo fa per se stesso e per gli altri rendendo ciascuno potenzialmente partecipe di un patrimonio di enorme valore. Lo ricompone rendendolo visibile e riconoscibile. Ma non si tratta solo dei libri e documenti conservati nella biblioteca e nell’archivio storico. Oltre le pagine, le parole, le immagini, c’è un linguaggio silenzioso a raccontarci la storia di un complesso architettonico che rompe gli schemi del tempo, di una creatività innovatrice pronta a cambiare le regole della composizione spaziale dell’architettura barocca, dei principi di un ordine monastico radicato nella città di Roma, dei rapporti di Borromini con il territorio e con i trinitari. Di come questa composizione complessa di relazioni e influenze rifletta oggi la ricchezza culturale della storia d’Italia e della sua capitale.

            Senza volerlo, Borromini mette in atto una strategia di valorizzazione e innovazione del patrimonio culturale del tutto contemporanea nella finalità preposta. Molti anni dopo Montijano segue un processo analogo nella finalità e ad accomunarli è proprio la scelta di guardare oltre il reale, ristabilendo in questa dimensione una nuova relazione tra bene, territorio e comunità.

            Il progetto di valorizzazione in san Carlo alle Quattro Fontane parte sì dall’interesse di uno studioso verso un autore e una specifica tematica, ma anche da un oggetto preciso rappresentato dal Libro della Fabrica. Un racconto che diventa uno strumento di comunicazione, elemento legante tra passato e futuro. Una nota a ricordarci il potenziale ancora inesplorato di cui disponiamo e che necessita di essere riconsiderato in un modo culturale e artistico più elevato. Ovvero tenendo conto della natura metafisica di tutte le cose, quella spinta verso la conoscenza indagando lo spirito in modo da comprendere il senso profondo di quanto ci circonda.

6. Referenze bibliografiche

Ballart Hernández, J. & Tresserras, J. J. (2001). Gestión del patrimonio cultural. Barcelona: Ariel.

Barthes, R. (1966). Semantica dell'oggetto. Firenze: Sansoni.

Baudrillard, J. (1972). Il sistema degli oggetti. Milano: Bompiani.

De Fusco, R. (2012). Filosofia del design. Torino: Einaudi.

Kopytoff, I. (1986). The Cultural Biography of Things: Commoditization as Process. In   Appadurai, A. (a cura di). The Social Life of Things: Commodities in Cultural Perspective, 1986, (p. 64-91). Cambridge: Cambridge University Press.

Liggeri, D. (2015). La comunicazione di musei e archivi d’impresa. Metodologie dell’informazione e strategie mediatiche. Bergamo: Lubrina.

Montijano, J. M. (1999). San Carlo alle Quattro Fontane di Francesco Borromini nella ‘Relatione della fabrica’ di Juan de San Buenaventura. Milano: Il Polifilo.

--- (2013). Metafisica del disegno. [Studio sul valore immateriale del design]. Ricerca inedita.

Reale, G. (1994). Aristotele. Perché la Metafisica. Milano: Centro di Ricerche di Metafisica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Selle, G. (1975). Ideología y utopía del diseño: contributión a la teoria del diseño industrial. Barcelona: Gustavo Gili.

Settis, S. (2007). Italia S.p.A. L'assalto del patrimonio culturale. Torino: Einaudi.

Sudjic, D. (2009). Il linguaggio delle cose. Roma-Bari: Laterza.

Vecco, M. (2007). L'evoluzione del concetto di patrimonio culturale. Milano: FrancoAngeli.