Il Complesso napoletano di Sant’Arcangelo a Baiano. Documenti di archivio e nuove ipotesi ricostruttive*
Rosa Maria Giusto
National Research Council Italy (CNR) - Institute for Research on Innovation and Services for Development (IRISS), Napoli
r.giusto@iriss.cnr.it; rosamariagiusto@gmail.com
ABSTRACT: Il contributo illustra l’analisi delle trasformazioni storico-architettoniche e urbane del Complesso napoletano di Sant’Arcangelo a Baiano nel quartiere Forcella.
Il Complesso, composto della chiesa di antichissime origini e dell’annesso convento, viene indagato nel contesto urbano di riferimento a partire dall’età angioina e fino al XVIII secolo quando, in seguito alla cessione ai Padri della Mercede nel 1645, divenne un elemento generatore di nuovi spazi e di rinnovate funzioni assistenziali e collettive.
Il ritrovamento di nuovi documenti, la lettura comparata della letteratura artistica e di disegni di archivio con la cartografia storica e con la documentazione prodotta dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Napoli e Provincia in occasione dei lavori di consolidamento e restauro condotti sulla chiesa di Sant’Arcangelo a Baiano negli anni compresi tra il 1999 e il 2003, costituiscono le premesse per un primo aggiornamento e un’indagine conoscitiva più circostanziata sulle vicende evolutive del Complesso di Baiano, consentendo di avanzare nuove ipotesi ricostruttive.
PAROLE CHIAVE: Trasformazioni architettoniche; Trasformazioni urbane; Fonti di archivio; Napoli.
The Neapolitan Complex of Sant’Arcangelo a Baiano. Archival Documents and New Reconstructive Hypotheses
Abstract: The paper illustrates the analysis of the historical-architectural and urban transformations of the Neapolitan Complex of Sant’Arcangelo a Baiano in the Forcella district.
The Complex, comprised of the very ancient church and the adjoining convent, is investigated in its urban context of reference from the Angevin age until the 18th century when, following its cession to the Padri della Mercede in 1645, it became a generating element of new spaces and renewed welfare and collective functions.
The discovery of new documents, the comparative reading of artistic literature and archival drawings with historical cartography and the documentation produced by the Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Napoli e Provincia during the consolidation and restoration of the church of Sant’Arcangelo a Baiano between 1999 and 2003, constitute the premises for an initial update and a more detailed cognitive investigation of the evolutionary events of the Complex of Baiano, allowing new reconstructive hypotheses to be advanced.
Keywords: Architectural transformations; Urban transformations; Archive sources; Naples.
Recibido: 28 de febrero de 2023 / Aceptado: 16 de junio de 2023.
Il Complesso di Baiano nel contesto urbano di Forcella
Il Complesso di Sant’Arcangelo a Baiano sorge nel quartiere Forcella in una delle aree storiche della città la cui evoluzione e struttura urbana è saldamente connessa con il contiguo nucleo greco-romano sulla cui espansione esso è situato (Alisio, 1980: 73). Il collegamento più immediato con il nucleo di fondazione greca avveniva dalla via Sant’Agostino alla Zecca che confluiva in alto in via Vicaria Vecchia e in basso in via del Pendino (Alisio, 1980:73).
Bartolommeo Capasso nella sua ricostruzione della Napoli medievale ne individua il toponimo proprio nella sua naturale funzione di collegamento e di «cerniera» tra l’originario insediamento greco e l’espansione romana, connotata da infrastrutture a carattere eminentemente pubblico.
L’area, denominata di Forcella, si configura, infatti, come conseguenza del prolungamento del decumano inferiore di via San Biagio dei Librai lungo via Vicaria Vecchia-via Giudecca Vecchia nel punto in cui, appena fuori la città greca, il percorso intercettava il complesso delle Terme con in basso la zona destinata ai giochi Isolimpici. Tale assetto determinò il necessario «deviamento» della direttrice del decumano costretto a «piegare» per connettersi da un lato con l’ingresso principale all’Ippodromo, delineando l’attuale strada di Forcella, e dall’altro con l’area dello Stadio, erroneamente riportata dalle fonti come Anfiteatro per via della sua posizione eccentrica, sita appena fuori l’abitato nei pressi della porta urbica, delineando l’asse di via Vicaria Vecchia (Capasso, 1905: 50).
[…] Così il decumano venne a biforcarsi in due strade esterne; e dalla somiglianza che quel trivio aveva con la forca, la Porta Herculanensis fu chiamata, con un secondo nome, Porta Furcilla. Le adiacenze di quel braccio nuovo furono occupate da edifizi, e il ramo più antico e diritto, che usciva dalla porta, fu troncato ed occluso dalle Terme sorte di faccia all’Ippodromo […] (Capasso, 1905: 51-52).
I recenti ritrovamenti emersi in occasione degli scavi condotti per la realizzazione della metropolitana di piazza Nicola Amore (2001-2023), compatibili con l’ampio complesso termale d’età romana, attestano e confermano la natura e l’importanza del sito e la sua funzione collettiva sancita proprio dalla presenza di imponenti impianti di pubblico utilizzo.
Il Complesso di Sant’Arcangelo a Baiano
Il Complesso di Baiano, la cui fondazione si fa risalire al VI secolo, fu istituito da una comunità basiliana tra il 575 (Ceva Grimaldi, 1857: 84) e il 593 (Ferrajoli, 1963: 50), ma è documentato sotto la regola di San Benedetto a partire dal 921 (Capasso, 1895: 156) quando viene menzionato «nella concessione di due ‘gryptæ’, situate al di sotto del solario, da parte di Macario, igumeno del monastero dei Santi Sergio e Bacco» (Capasso, 1885, n. 9: 23). Riferimenti alla congregazione delle monache del convento di Baiano si ritrovano in alcuni documenti del 956 (Capasso, 1885, n. 92: 72-73), del 957 (Capasso, 1885, n. 97: 75), dell’anno 1000 (Capasso, 1885, n. 313: 193), del 1024 (Capasso, 1885, n. 400: 250) e del 1100 (Capasso, 1885, n. 578: 350-351).
Nelle fonti si fa esplicito riferimento a un monastero doppio di uomini e donne a cui, nel tempo, sopravvisse soltanto l’ordine femminile rimasto ad abitare le celle del convento: «[…] in tempo ignoto si divise in due parti, una pei monaci, e un’altra per le monache dell’ordine di S. Basilio o di S. Benedetto; dismesso il primo, restò solo quello delle suore Benedettine» (Galante, 1872: 250).
Tale circostanza spiega la conformazione del convento che, dalla osservazione diretta dei luoghi, dalla lettura della cartografia storica [1], oltre che da tracce di architetture catalane rinvenute nei blocchi edilizi adiacenti la chiesa e dalla documentazione di archivio qui parzialmente pubblicata, confermano l’ipotesi ricostruttiva che vede anche il corpo a destra della chiesa, lungo la via di Sant’Arcangelo a Baiano, entrare a far parte nel tempo del Complesso monastico composto dei due ordini –maschile e femminile– e della chiesa comune.
Alle spalle del blocco compatto e omogeneo di Sant’Arcangelo, separate dal vico oggi denominato del Canalone a Fontana dei Serpi, originariamente vico Fontana de’ Serpi in memoria di un’antica fonte d’acqua che alimentava la zona (Fistula), sorge il Complesso di San Giorgio Maggiore, composto dal cenobio e dalla pregevole chiesa riedificata su «nuovo disegno» da Cosimo Fanzago dopo l’incendio che lambì la struttura nel 1640.
Proprio la presenza preziosa dell’acqua costituisce un ulteriore elemento in grado di documentare le origini del Complesso di Baiano: «Guglielmo re di Napoli donò alle monache di questo monistero l’acqua ch’era nella vicina strada, detta anticamente Fistola» (Sigismondo, 1788, II: 68-69).
Sono ancora le fonti a chiarire e documentare la natura originaria dei luoghi quando, nel descriverne le peculiarità, annotano:
Più o meno nella stessa epoca, e proprio nel vico a Baiano, in un documento del 997 viene richiamata l’esistenza della chiesa di S. Cipriano (Capasso, 1895:102). Poco distante, nel vico ad Fistulam, un’altra chiesetta era dedicata a S. Pietro a Baiano (Ferraro, 2003: 137, 176 n. 6).
La presenza diffusa di tali strutture connota il carattere dell’area abitata prevalentemente da edifici di tipo religioso posti a saldatura tra il primitivo nucleo greco e la sua espansione verso ‘la baia’1, nei pressi dell’antico porto del Mandracchio.
Inoltre, la posizione inizialmente isolata della zona, elevata rispetto all’area del Pendino digradante verso il mare, motiva la scelta originaria del sito e le ragioni del successivo impegno da parte dei frati del convento nel cercare di preservare luce e spazialità.
Dedicato inizialmente ai Santi Arcangelo e Pietro (Galante, 1872; Ferrajoli, 1963), il Complesso fu successivamente intitolato a San Michele Arcangelo (Ceva, 1857; Alisio, 1980), protettore della dinastia angioina. La denominazione «a Baiano» o «a Bajano», derivante da «ad Bayanum» –correzione della dicitura «ad Balane» riportata nel documento del 921 (Capasso, 1885: 23, n. 2)– viene attribuita da talune fonti «al nome della famiglia dei Bajani» residente nella zona (Chiarini, 1856-60, rist. 1974: 1171; Sigismondo, 1788, II: 68), da altre agli «abitanti di Baja» che avrebbero colonizzato diffusamente l’area (Galante, 1872: 250; Ferrajoli, 1963).
Dicesi a Bajano perché quivi era la famiglia de’ Bajani del seggio di Montagna, oggi spenta. Non si sa il tempo della fondazione di questa chiesa innalzata ad onore di San Michele. Si fa di essa, però, menzione fino dai tempi di Basilio e Costantino imperatore. […] Carlo I […] la rinnovò per esser la chiesa dedicata a San Michele, protettore e tutelare della real casa di Francia (Sigismondo, 1788, II: 68-69).
Il cenobio viene, inoltre, riportato sotto la protezione del Sedile di Montagna a cui era stato annesso il Sedile di Forcella (Capasso, 1895: 156), considerazione che avvalorerebbe l’ipotesi legata al nome di una famiglia importante, avanzata da Celano e confermata da Chiarini.
L’importanza del Complesso di Baiano è testimoniata anche dalla presenza, tra le novizie del convento, di alcune giovani appartenenti alle famiglie più in vista e blasonate della città, che vi abitarono numerose. Proprio qui, annota ancora Sigismondo, è tradizionalmente accreditata la presenza di Maria, figlia naturale di re Roberto d’Angiò, indentificata come la Fiammetta ispiratrice delle novelle del Boccaccio, la cui fama e notorietà ha contribuito sensibilmente ad alimentare la fantasia e le narrazioni di storie e vicende avventurose ambientate tra le arcate del chiostro benedettino (Sigismondo, 1788: XX). Aspetto tutt’altro che secondario se si considera che, attorno alle vicende del convento di Sant’Arcangelo a Baiano e alla supposta espulsione delle suore per ragioni ‘scandalose’, sorse una ricca letteratura2 –da Stendhal, a Benedetto Croce, a Bartolommeo Capasso– che ha determinato nel tempo il carattere leggendario dei luoghi.
Numerosi resti di costruzioni risalenti al periodo romano sono stati rinvenuti nei pressi e al disotto della chiesa di Sant’Arcangelo.
In particolare, poco distante il ‘nucleo di Bajanum’, è riportata la presenza dell’antico Tempio di Ercole la cui denominazione si ritrova diffusamente citata nelle fonti in relazione alla topografia (regio Herculensis Furcellensis) (Capasso, 1895: 33, 146-147).
L’attività d’indagine conoscitiva condotta tra il 1999 e il 2003 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Napoli e Provincia sulla chiesa di Sant’Arcangelo ne ha documentato la ricca stratigrafia, accertando la presenza di una Domus decorata con encausti del III e IV stile pompeiano, di un ulteriore braccio del portico quattrocentesco del chiostro e di un sistema di importanti preesistenze riconducibili alla chiesa angioina fatta erigere nel XIII secolo da Carlo I d’Angiò al di sopra delle precedenti strutture3 (Mascilli Migliorini, 1999-2003; Fatigati, Apicerni, Castronuovo, Giusto, 2022: 65-68).
Come anticipato, chiesa e convento furono rinnovati nel 1280 per volere di Carlo I d’Angiò che provvide ad ampliare il cenobio, concedendovi lasciti e donazioni.
Durante il Quattrocento, il chiostro a sud della chiesa fu rifatto secondo lo stile durazzesco-catalano del tempo, come documentano numerosi resti della struttura originaria affioranti diffusamente nel Complesso.
I lavori condotti dalla Soprintendenza sulla chiesa hanno svelato la presenza del secondo braccio ancora integro del portico quattrocentesco del convento rimasto «annegato» e incorporato all’interno dei locali posti al piano terra dell’ex edificio monastico inglobato nel fabbricato realizzato durante i lavori di Risanamento a sinistra della chiesa, lungo la via di Sant’Arcangelo a Baiano.
Dall’analisi dei luoghi e dalla cartografia storica emerge la conformazione quattrocentesca del chiostro, articolato su di un impianto quadrato di sei campate per lato coperte da volte a crociera composte di archi catalani su colonne a sezione ottagonale con un interasse di circa quattro metri.
Nel XVII secolo il chiostro ospitava al suo interno un giardino, come richiamato espressamente nei documenti di archivio redatti dai frati della Mercede durante il loro soggiorno nel cenobio e come raffigurato anche nella Mappa topografica della città di Napoli e de’ suoi contorni di Giovanni Carafa duca di Noja (1775) e nella pianta di Luigi Marchese (1804) [1] dove esso è rappresentato suddiviso in quattro parterre mediante viali ortogonali di attraversamento. Peraltro, nella già citata Cronaca di S. Arcangelo e Baiano, redatta nel XIX secolo e qui ambientata alla fine del Cinquecento, il convento è descritto isolato su ogni lato e dotato di «una piccola porta del giardino che comunicava col capo della strada verso la fontana di Medusa», con il chiostro a giardino cinto da portici al piano terra e da logge al piano superiore.
Durante il Seicento un lato del portico venne chiuso per ricavarvi nuovi ambienti per i monaci, lasciando aperte soltanto alcune campate.
Dal portico del chiostro si accedeva direttamente alla chiesa; inoltre dai documenti e dalle mappe di archivio [2] raffiguranti il Complesso di Baiano durante il governo dei Padri Mercedari, sappiamo che nella chiesa si apriva una porta picciola che dava lateralmente sul Largo del convento posto a destra dell’edificio religioso dalla strada di Baiano, in corrispondenza dei lotti su cui i frati della Mercede estesero progressivamente le loro proprietà allo scopo di guadagnare spazio e luce sufficienti per consentire la realizzazione del nuovo edificio ecclesiastico che s’intendeva realizzare in luogo di quello dismesso e in abbandono.
Tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII, infatti, la chiesa e il Complesso monastico versavano in uno stato di degrado coincidente con gli anni nei quali il monastero venne soppresso (1577) e le monache trasferite in altre strutture.
Nel giro di pochissimi anni, due monasteri e due chiese della zona vennero soppressi:
[…] è da sapere che 9 monasterij di monache son stati estinti à i tempi nostri in Napoli per causa, che alcuni d’essi si ritrovavano siti in luogo, che non si potevano ampliare, et gl’latri perche le loro monache erano di pochiss.o numero, et di meno facoltà. Otto de quali erano sotto la Regola di s. Benedetto […] L’8°. santo Arcangelo appresso la strada di Forcella… (Araldo, 1594-96 in Divenuto, 1998: 301, cc. 250v-251r).
Con la crescita incontrollata della città avvenuta a partire dal medioevo il sito si ritrovò sommerso nell’edilizia dei borghi e dei fondaci che, sorti numerosi in prossimità del mare, finirono per occupare le aree adiacenti il Complesso di Baiano, comprimendolo e soffocandolo dai lati. Fu questa, molto probabilmente, la ragione per la quale nel 1577 il convento venne soppresso e le monache accorpate in altre strutture.
Al tempo ducale si elevava sull’altura a levante della città, nei secoli successivi venne soffocato da case, palazzi, fondaci, quadrivi e angusti vicoli tanto che, nel 1577, la scarsa salubrità dell’aria costrinse il beato Paolo d’Arezzo, cardinale di Napoli, a sopprimere il cenobio (Ferrajoli, 1963: 50, n. 17).
Ulteriori rifacimenti interessarono il Complesso nel corso del XVII secolo, in concomitanza con la sua assegnazione ai Padri Mercedari dell’ordine della Redenzione dei Cattivi.
Circa il 1645 da don Giuseppe Giannattasio, abbate di questa chiesa, e don Filippo Romaguera, padrone del suolo, fu la chiesa conceduta ai frati italiani di Santa Maria della Mercede dell’ordine della Redenzione dei Cattivi, ch’ebbe la sua origine in Ispagna. Costoro ebbero anche il chiostro che era stato profanato, e subito lo ridussero a forma di monistero; ed hanno poscia rinnovata ed abbellita la chiesa come al presente si vede (Sigismondo, II, pp. 68-69).
In riferimento alle notizie relative alla «profanazione» del Complesso di Baiano va ricordato che, per circa due anni, a partire dal 1579, esso aveva ospitato la confraternita laica della SS. Trinità che vi aveva fondato il primo nucleo dell’ospedale dei Pellegrini, poi trasferito in S. Pietro ad Aram4.
Nuove ipotesi ricostruttive
Carlo Celano nelle sue preziosissime Notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli… (1692) si sofferma sulla natura degli interventi avviati dai Padri Mercedari sulla struttura quando annota che, ottenuto «[...] il di già profanato chiostro, e, rifacendolo, l’hanno reso loro commoda habitatione; et al presente v’habitano; e, minacciando la chiesa ruina, tuttavia procurano di rifarla» (Celano, 1692, terza giornata).
Dunque, alla data del 1692 il convento era stato risistemato per ospitare i frati dell’ordine mentre la chiesa, «minacciando ruina», era in loro animo di «rifarla».
Dalla lettura comparata delle fonti e della cartografia storica è possibile avanzare alcune ipotesi ricostruttive circa le trasformazioni attuate nella chiesa e nel convento di Baiano.
Se nella mappa del Lafréry (1566) e nella successiva veduta del Baratta (1629), il blocco della chiesa appare ancora tutto sommato quello compatto risalente agli interventi promossi da Carlo I d’Angiò sull’antica struttura –come attesta anche la documentazione della Soprintendenza dove si fa esplicito riferimento al ritrovamento delle mura angioine ancora integre e perfettamente leggibili sotto l’attuale corpo della chiesa5– nelle piante del duca di Noia (1775), del Marchese (1804) e di Schiavoni (1880) è possibile individuare le trasformazioni avvenute successivamente.
Rispetto al blocco rettangolare dell’antica chiesa angioina, che attraversava il lotto dalla via di Sant’Arcangelo a Baiano al retrostante vico Fontana delle Serpi, la chiesa nuova venne realizzata su di un impianto a croce greca irregolare il cui disegno ed esecuzione si devono a Giuseppe Lucchese ingegnero, com’è documentato dal giornale copiapolizze del Banco del Popolo6 datato 14 ottobre 1700, custodito nell’Archivio Storico del Banco di Napoli e pubblicato da Vincenzo Rizzo, dove si legge:
Alla Chiesa di sant’Arcangelo a Baiano ducati 20 e con disposizione di don Francesco Tornisone y Pennalosa, ducati 20 a Giuseppe Lucchese ingegnero e glieli si danno per una semplice ricognizione di sue fatiche e continua assistenza che ha fatto insino a 6 ottobre 1700 in dirigere la fabbrica della sua chiesa come per il disegno di quella che ha fatto e faticato ancora per le misure e relazione di detta fabbrica di Sant’Arcangelo a Baiano, atteso che le suddette fatiche di assistenza e disegno e relazioni per la devozione che porta alla detta chiesa si sono da detto Giuseppe graziosamente donati e con sua firma (Rizzo, 2001: 276, app. doc. n. 693).
Risale a tale periodo l’attuale impianto centrale dell’oratorio la cui spazialità rimanda ad analoghe soluzioni del barocco napoletano «contaminate» dai dettami dell’architettura controriformata (Cantone, 2002).
La pianta della chiesa [3], a croce greca irregolare, presenta un transetto a cappelloni laterali e cupola emisferica centrale di cui attualmente resta l’alto tamburo finestrato, ed è dotata di un secondo spazio «centrale» minore, anch’esso cruciforme, conformante una sorta di «secondo» transetto, corrispondente all’area presbiteriale, coperto da una cupola ellittica decorata con affreschi risalenti al XVIII secolo, solo in parte conservati [4].
Proprio la «disposizione degli spazi interni» e la «peculiarità delle coperture» venivano segnalate da Roberto Pane come elementi degni di considerazione, soprattutto se rapportati ai coevi impianti ecclesiali napoletani a sviluppo centrale e alle tipologie costruttive legate alla tradizione locale.
Alla cupola centrale segue una cupoletta pseudo-ellittica, con quattro finestre destinate a illuminare il presbiterio. All’esterno poi, le due cupole mostrano la caratteristica superficie di battuto di lapillo […] particolare che richiama il ricordo di altri estradossi rustici, come quello di S. Demetrio, S. Giuseppe dei Vecchi, San Bernardo e Margherita (Pane, 1971, II: 410) [5 y 6].
L’oratorio, internamente ornato di stucchi, presenta altari settecenteschi nei bracci laterali delle croci e un pregevole pavimento in cotto e maioliche raffigurante lo stemma dell’ordine dei Padri della Mercede. Tra le opere maggiori contenute al suo interno si ricordano i quattro ovali realizzati per i due cappelloni laterali da Antonio Fumo7, allievo di Francesco Solimena, trafugati nel 1983 (Galante, 1872:161; Strazzullo, 1969).
L’inserimento della chiesa barocca al di sopra della struttura angioina ha comportato assai probabilmente l’eliminazione del terzo braccio del chiostro del convento composto, come gli altri due, di sei campate ad archi su colonne a sezione ottagonale e con il solo quarto lato occupato dal muro di delimitazione del Complesso dal retrostante vico Fontana delle Serpi, posto a una quota più bassa.
In sostanza, il portico del terzo braccio del chiostro, che correva contiguo al muro della chiesa angioina, venne demolito per far posto al nuovo impianto della chiesa (in particolare, al braccio sinistro del transetto), come documentano eloquentemente il ritrovamento di due brani di colonne a sezione ottagonale rinvenuti rispettivamente all’ingresso della nuova scalinata d’accesso ai locali superiori del convento, nel luogo dove sorgeva il portico con l’ingresso alla chiesa, e nella muratura perimetrale di quest’ultima, negli spazi oggi adibiti a sagrestia [7]. Perfettamente allineato con l’analoga colonna presente nel braccio opposto del chiostro rinvenuto dalla Soprintendenza nei locali della vetreria [8], infatti, tale ritrovamento presenta il medesimo passo e la medesima articolazione di quello posto sul lato corrispondente.
Inoltre, se si osserva attentamente la pianta attuale del Complesso con la chiesa e la scala d’accesso al primo piano dell’ex monastero, si riconoscono i moduli delle campate originarie del chiostro quattrocentesco e il sistema a crociere delle stesse. All’inizio della scala attuale troviamo, infatti, accanto al tronco di colonna appartenuto al chiostro, un arco catalano che copre uno degli ambienti a ridosso del portico. In sostanza, il ridisegno della chiesa comportò l’abbattimento del terzo braccio del chiostro di cui sono rimaste testimonianze nei richiamati resti di colonne a sezione ottagonale inseriti in due tratti di quello che originariamente era il portico del chiostro.
Dei diversi ingressi alla chiesa rimase unicamente l’accesso principale lungo la via di Baiano, mentre il varco che conduceva lateralmente al convento venne murato in seguito alla nuova sistemazione della chiesa, così come venne soppressa la porta che dal giardino immetteva nel retrostante vico delle Serpi.
Al 1656 risalgono invece i lavori di risanamento e sistemazione dell’area antistante la chiesa realizzati dai Padri della Mercede mediante l’acquisto delle abitazioni e dei bassi ivi esistenti e la loro demolizione per far posto alla realizzazione del Largo avanti la Chiesa, come è denominata l’attuale piazzetta di Sant’Arcangelo a Baiano nelle carte d’archivio [9].
Tali documenti riguardanti l’Istoria, e principio del U.le convento di S. Michele Arcangelo a Bajano de PP. del regal Ordine di S. Maria della Mercede Redenzion de Cattivi di questa Fideliss:ma Città di Napoli8, consentono di ripercorrere le varie fasi dei lavori promossi dai frati dando notizia «del principio, incremento, e stato di questo Monistero di s: Arcangelo; con quella chiarezza, che si è stata permessa dalle poche e logore scritture ritrovate in Convento» (A.S.N., c.3r).
Attraverso un’accurata trascrizione dei documenti e degli atti rinvenuti nel convento, l’inventario –stilato nel 1744 e corredato di disegni– illustra lo stato dei luoghi e delle proprietà acquisite e donate ai Padri Mercedari alla metà del Seicento, consentendo di risalire alle fasi di trasformazione a cui fu sottoposto il Complesso di Baiano in seguito ai lavori di sistemazione e di ampliamento del monastero e alla realizzazione della chiesa «nuova».
Dalla lettura di tale documentazione emerge la consapevolezza da parte dei Padri Mercedari del ‘limite’ rappresentato a quel tempo dal prospetto della chiesa di Sant’Arcangelo che, essendo «privo di portico antistante», richiedeva la realizzazione di uno spazio esterno in grado di favorire un suo più organico e armonioso inserimento nel contesto urbano stratificato della Vicaria Vecchia.
L’attività svolta dal sodalizio venne infatti estesa anche agli spazi esterni fatti realizzare dai frati in seguito alle acquisizioni avvenute a partire dal 1656. Fatti demolire i bassi e le costruzioni preesistenti, i religiosi sistemarono e ampliarono l’area adibendola a spazio di ‘supporto’ allo svolgimento delle attività assistenziali offerte a sostegno degli abitanti del quartiere. Ancora oggi la piazzetta, sebbene degradata e delimitata da cancelli, costituisce parte integrante della chiesa e suo ideale ‘sagrato’.
Avvanti di questa chiesa vi è una bella piazza ultimamente fatta. Doppo della peste accaduta nel 1656 moltissime case in questo vico restorno dissabitate, e parte ne principiorno a ruinare. I frati, coll’ajuto de’ complatearii, a basso prezzo le comprorono, e le fecero buttar giù (Celano, 1692).
Il Complesso di Baiano nei secoli XIX-XX
Dopo la soppressione degli Ordini avvenuta nel 1809 nel monastero «furono sistemate abitazioni, una scuola di quartiere e una fabbrica di salnitro» (Chiarini, rist. 1974:1171; Strazzullo, 1971: 238). Il largo a nord della chiesa, che appare ancora libero nelle piante Marchese del 1804 e del 1813, venne occupato nel 1830 (Carte del Reale Officio Topografico) da una «sorta di porticato, forse una espansione della fabbrica di salnitro», raffigurato anche nella carta di De Fazio del 1945 (Ferraro, 2003). Tale slargo scomparve nel dopoguerra quando venne occupato da costruzioni abusive (Ferraro, 2003), come avvenne anche per i chiostri delle vicine chiese di San Giorgio Maggiore e di Sant’Arcangelo a Baiano.
Del convento di Sant’Arcangelo, abbandonato e trasformato in abitazioni private, resta ancora il portale in piperno, sia pure manomesso.
Anche la facciata della chiesa è stata notevolmente compromessa da interventi abusivi che ne hanno profondamente alterato l’aspetto, come si evince da un confronto con lo stato dei luoghi ritratto nel 1889 (D’Ambra, 1889) [10].
Dopo il terremoto del 1980 la chiesa venne dichiarata inagibile e la confraternita qui operante trasferita presso la Parrocchia dei Santi Giovanni e Paolo agli Ottocalli (Lazzarini, 1995, 2: 414).
In seguito ai lavori condotti dalla Soprintendenza, la chiesa, di proprietà della diocesi di Napoli, è stata resa nuovamente agibile sebbene non ancora riaperta al pubblico.
In conclusione, il ritrovamento di documenti d’archivio riguardanti l’Istoria, e principio del U.le convento di S. Michele Arcangelo a Bajano […] di questa Fideliss:ma Città di Napoli e la lettura comparata delle fonti, dei disegni e della cartografia storica, hanno consentito di approfondire la ricerca avanzando nuove ipotesi ricostruttive in ordine all’evolversi dello stato dei luoghi e alle trasformazioni attuate dai Padri della Mercede sulle strutture del convento e della chiesa di Baiano, evidenziando le annessioni progressivamente acquisite dai frati nell’intento di salvaguardare e riqualificare la zona, preservandone il carattere.
In tal senso, storia del bene –il Complesso di Sant’Arcangelo a Baiano– e storia dell’ordine s’intersecano e sovrappongono fino a determinare la storia dei luoghi e delle specifiche vocazioni culturali da «ri-attualizzare» e vivificare nell’ambito del progetto di valorizzazione in corso.
Notas
* Lo studio è stato condotto presso il CNR - IRISS nell’ambito del progetto di ricerca dal titolo: Progettazione di un sistema di servizi sostenibile per la valorizzazione del patrimonio culturale. Un modello innovativo per le Arciconfraternite di Napoli (Ad Maiora). Il progetto di ricerca e valorizzazione è nato da un accordo di collaborazione tra l’Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo (IRISS) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ed alcune Arciconfraternite commissariate di Napoli ed è stato condotto dal gruppo di ricerca coordinato da Alfonso Morvillo (responsabile scientifico fino al 2020) e successivamente da Marcella De Martino. Chi scrive ha partecipato al progetto dal novembre 2018 al 2022. Cfr. https://www.iriss.cnr.it/progetti/progettazione-di-un-sistema-di-servizi-sostenibile-per-la-valorizzazione-del-patrimonio-culturale-un-modello-innovativo-per-le-arciconfraternite-di-napoli-ad-maiora/.
1 Da cui, secondo alcune fonti, deriverebbe il toponimo «Bajano».
2 Ci si riferisce alla Cronaca del Convento di Sant’Arcangelo a Bajano, testo romanzato parzialmente attributo a Stendhal che, per le storie narrate, divenne rapidamente un vero e proprio successo editoriale. Le date delle edizioni clandestine coincidono con le tre rivoluzioni liberali italiane: 1820, 1848, 1860.
3 Ringrazio l’architetto Paolo Mascilli Migliorini per la disponibilità e per le preziose indicazioni e delucidazioni circa i materiali relativi alle indagini e ai ritrovamenti effettuati sul Complesso di Sant’Arcangelo a Baiano sotto la sua supervisione dall’allora Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Napoli e Provincia dal 1999 al 2003.
4 «[…] in quest’anno del 1578 com(m)enzò la Confraternita ò Compagnia della s.ma Trinità in questo modo imperoche. havendo il Cardinale Paolo d’Arezzo arcivescovo di Napoli prima che morisse, per buoni e santi rispetti, transferite le monache di s. Arcangelo nel monastero di s.to Ligorio, alcuni divotissimi Cittadini del popolo vedendo la detta Chiesa esser rimasta così derelitta, in quest’anno 1579 vi eressero una Confraternita o Compagnia sotto il titolo della s.ma Trinità. […] il spedale de Pellegrinj, […] nel presente anno 1581 si transferì dal monasterio vecchio di s. Arcangelo, nelle case del cortile di s. Pietro ad Ara […]» (Araldo, 1594-96 in Divenuto, 1998: 186-187, cc. 152 r/v, 232, c. 190v; Sigismondo, II, 1788: 149).
5 «[…] I saggi e le indagini hanno portato anche a localizzare la chiesa angioina, al di sotto in parte dell’attuale chiesa, e a individuare una Domus […] nonché un sistema interessante di ambienti ipogei» (Mascilli Migliorini, 1999-2003).
6 Archivio Storico del Banco di Napoli (A.S.B.N.), Banco del Popolo, Giornale copiapolizze, matr. 666, 14 ottobre 1700, cit. in V. Rizzo, 2001: 276, app. doc. n. 693.
7 Galante, 1872: 161, 173; cfr. Pasculli Ferrara (1998), consultabile alla pagina web: <https://www.treccani.it/enciclopedia/fumo_%28Dizionario-Biografico%29/> (ultima consultazione febbraio 2023). Sugli apparati decorativi della chiesa di Baiano cfr. anche Perissa Torrini (1980), pp. 76-86 <https://www.jstor.org/stable/24419934> (ultima consultazione gennaio 2023).
8 Archivio di Stato di Napoli (A.S.N.), fondo Corporazioni religiose soppresse, serie: Inventario delle Corporazioni religiose soppresse (1918-1924)-1918 Monastero di San Michele Arcangelo a Baiano.
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